Ha parlato Andrea Quitadamo, il pentito più atteso tra quelli che di recente hanno deciso di collaborare con la giustizia. “Baffino junior”, 33 anni, residente a Mattinata, è stato per anni un affiliato del clan dei mattinatesi facente capo ai boss Mario Luciano Romito, Pasquale Ricucci e Matteo Lombardi. Dopo l’arresto del dicembre scorso nell’operazione “Omnia Nostra”, Quitadamo ha deciso di cambiare vita, anche per perseguire interessi esclusivamente personali, dicendo basta ad anni di guerre e sangue, mafia e vendette. Ha voltato pagina, contrariamente (per il momento) al fratello maggiore Antonio e ai compaesani Francesco Scirpoli e Francesco Notarangelo detto “Natale”.
Dinanzi agli inquirenti, Quitadamo ha spiegato in breve i motivi che lo hanno indotto a collaborare con la giustizia: “Per garantire un futuro migliore a me e alla mia famiglia. Soprattutto ai miei figli”. Come riportato in anteprima da l’Immediato, settimane fa, i parenti di “Baffino junior” sono stati trasferiti in una località lontano da Mattinata e per loro è stato avviato un programma di protezione.
Il giovane Quitadamo ha raccontato di aver fatto parte di un gruppo di mafia: “Faccio parte del clan Romito – ha riferito a chi indaga -. È un gruppo di stampo mafioso, io ero un associato a disposizione per la commissione di rapine, omicidi, reati in maniera di droga e armi. Del gruppo facevano parte il capo Mario Luciano Romito, deceduto (strage di San Marco, ndr), ucciso a causa dello scontro con il clan Li Bergolis, attualmente retto da Miucci Enzo“.
Il neo pentito ha anche indicato i nuovi assetti: “C’era Matteo Lombardi detto ‘il carpinese’, attuale capo del clan Romito, con potere decisionale su tutte le attività criminali. Il gruppo (sgominato in “Omnia Nostra”, ndr) opera sui territori di Manfredonia, Monte Sant’Angelo, Macchia, Mattinata, Vieste, San Marco e più in generale in tutta l’area del Gargano. Le decisioni in ambito criminale – ha proseguito – venivano prese anche da Pasquale Ricucci detto ‘fico secco’, deceduto pure lui a causa dello scontro con i Li Bergolis, e Pietro La Torre“.
Il verbale dell’interrogatorio è coperto per larga parte da omissis, per questo restano top secret molte delle rivelazioni di Quitadamo. Ma è leggibile uno stralcio riguardante l’omicidio di Giuseppe Silvestri alias “l’Apicanese”, esponente del clan Li Bergolis ucciso il 21 marzo 2017 a Monte Sant’Angelo. Per questo delitto è stato condannato in primo grado all’ergastolo Matteo Lombardi, ritenuto organizzatore ed esecutore materiale dell’agguato mortale.
La domanda degli inquirenti: “Cosa sa riferire sull’omicidio di Silvestri Giuseppe l’apicanese?”. La risposta del pentito: “So che a commetterlo sono stati Lombardi Matteo, Raduano Marco (boss di Vieste, ndr) e omissis. L’ho appreso direttamente da Notarangelo Francesco e, forse, da mio fratello Antonio. È stato ucciso perché era vicino ai Li Bergolis ed in particolare ad Enzo Miucci. Silvestri operava sul territorio di Monte Sant’Angelo, era affiliato al gruppo di Miucci con un ruolo di rilievo. Ho saputo del suo omicidio subito dopo l’accaduto. Dopo l’arresto di Lombardi, Antonio ‘il siciliano’ (si tratterebbe di Antonio Renzulli, arrestato poche settimane fa per il tentato assalto ad un caveau nel Bresciano, ndr) mi ha detto che stavano seguendo il processo con la speranza che andasse bene”.
Le informazioni fornite da Quitadamo risultano piuttosto in linea con quelle di altri due pentiti, il viestano Danilo Pietro Della Malva, ex clan Raduano di cui l’Immediato si è già occupato e Andrea Romano. La fonte principale delle dichiarazioni di Romano è costituita dalle confidenze ricevute da Liberantonio Azzarone, nipote e sodale di Marco Raduano, dedito al traffico di droga per conto dell’articolazione viestana del clan Romito-Ricucci-Lombardi. Azzarone detto “Antony” condivise con il collaboratore di giustizia la stessa cella nel carcere di Voghera tra il 2019 e il 2020, quando nel medesimo penitenziario era recluso anche Lombardi. Dalle dichiarazioni rese da Romano sarebbe emersa la stabilità di rapporti tra Azzarone, Lombardi e Raduano che si sostanziavano attraverso il mantenimento dei sodali detenuti.
Sulle dichiarazioni dei pentiti, soprattutto su quelle di Quitadamo, poggiano le speranze di alcune famiglie delle vittime di “lupara bianca”, persone uccise dalla mafia e svanite nel nulla. Proprio l’area tra Mattinata e Vieste è stata scenario nell’ultimo ventennio di una lunga serie di misteriose sparizioni. Le verità del pentito sono appena cominciate. (In alto, Matteo Lombardi e Marco Raduano; sotto, Mario Romito e Enzo Miucci; a destra, Andrea Quitadamo)