“Dimmi ti piace la troietta?”. “No meglio quella puttanella di sempre”. “Hai visto che avevo ragione che quella scopa meglio. Ciao”. E ancora: “Belli ho trovato una bella troia da scopare. E per il viaggio quanto siete disposti a darle in più?”. Con un linguaggio in codice piuttosto scurrile, gli spacciatori di San Severo del quartiere “San Bernardino” piazzavano cocaina ed eroina a frotte di “clienti”, molti provenienti da altre regioni per un giro d’affari da 10mila euro al giorno. Immagini e intercettazioni sono racchiuse nelle 264 pagine dell’ordinanza cautelare “Coffee Shop”, operazione di Procura di Foggia, squadra mobile di Foggia e commissariato di San Severo. Così la gip, Michela Valente: “L’indagine dimostra, ancora una volta, come l’attività dello spaccio di sostanze stupefacenti sia quella prediletta dalla criminalità locale e ne
costituisca la principale fonte di approvvigionamento, mentre, la ‘piazza’ del quartiere di San Bernardino è irriducibilmente molto florida”.
L’inchiesta “Coffee Shop”, settembre 2020-gennaio 2021, “ha permesso di ricostruire – riporta ancora l’ordinanza – le attività illecite poste in essere da un gruppo di persone, ognuna con compiti precisi e strutturati, operanti nel quartiere San Bernardino, le quali riuscivano a proiettare i loro lucrosi affari nella città di San Severo, nei paesi limitrofi ed anche fuori regione. Che il giro di soldi attorno allo spaccio gestito dal gruppo fosse ad alti livelli (con guadagni che, secondo un calcolo approssimativo, si aggiravano sui diecimila euro al giorno), lo dimostrano diversi fattori. In primo luogo, il numero dei sequestri: durante l’attività, infatti, numerosi sono stati i riscontri ed i sequestri di sostanza stupefacente a carico degli indagati, espletati con il personale del Commissariato, del Reparto Prevenzione Crimine e Unità Cinofile. Ciò palesa il fatto che le attività di spaccio sono continue, si protraggono senza soste e non vengono interrotte neanche a seguito delle restrizioni imposte dal Covid-19″.
Secondo gli inquirenti “non si stratta soltanto di sequestri fatti nei confronti dei ‘semplici’ acquirenti, ma anche di sequestri ben più importanti, fatti cioè direttamente agli stessi fornitori. Si fa riferimento, ad esempio, ai maxi sequestri relativi alle operazioni avvenute nel periodo 4 dicembre, 7 dicembre e 12 dicembre, quando gli investigatori della squadra di PG del Commissariato hanno inferto un duro colpo alla rete di criminali, sottraendo al gruppo ben quattro chili di eroina e cocaina, armi da guerra,
munizionamento e travestimenti (sicuramente utilizzati per compiere rapine), e formalizzando l’arresto di tre persone ritenute appartenenti alla rete”.
Stando all’ordinanza, gli arrestati sarebbero dei “veri professionisti, veterani del mestiere, ai quali si aggiungono le nuove leve, giovani del luogo che, nonostante l’età, possono cominciare a vantare un curriculum di tutto rispetto. La rete è solida, stabile, al suo interno si coniugano gli interessi di vari soggetti tra di loro convergenti. Tutti hanno lo stesso obiettivo: fare soldi attraverso la compravendita della droga”.
Covo dello spaccio l’abitazione di Luciano Marinelli detto “Zio Luciano”, l’uomo del linguaggio in codice scurrile. Marinelli, 58 anni, aveva anche un locale situato a due passi da casa sua, definito dagli investigatori il “Coffee Shop” dove alcuni “clienti” andavano a “provare” la droga.
“Il meccanismo adottato segue il presente schema – riporta la gip -: parte l’ordine attraverso un messaggio inviato dal cliente, questi arriva a San Bernardino, si reca dallo spacciatore, lo paga, preleva lo stupefacente e va via. Nella maggior parte dei casi, gli acquirenti si recano dal Marinelli senza alcun preavviso, essendo già sicuri di trovare i soggetti sul posto, nonché la sostanza da comprare. Inoltre, è stato appurato che, per gli acquirenti abituali, Marinelli predispone il quantitativo che gli stessi sono soliti acquistare, per accelerare i tempi, garantendo il perfetto funzionamento del sistema di compravendita. L’oggetto della compravendita riguarda sostanzialmente due tipologie di droga: eroina e cocaina. Il prezzo praticato è di circa di 17 euro/grammo per l’eroina e circa 80 euro/grammo per la cocaina. Durante l’operazione e le attività di indagine sono stati sequestrati in totale kg 5,100 tra eroina, cocaina e hashish”.
L’indagine ha origine ad inizio settembre 2020 dopo la perquisizione a casa di un molisano residente in Abruzzo al quale venne sequestrata droga. L’uomo spiegò “di aver acquistato lo stupefacente da un soggetto di nome ‘Zio Luciano – riportano le carte giudiziarie – di cui non conosceva il cognome”. L’acquirente indicò anche l’abitazione di Marinelli, nel cuore del quartiere San Bernardino. Venne acquisito un biglietto manoscritto presente tra gli oggetti contenuti nello zaino dell’uomo sul quale era scritto un numero di telefono ed una dicitura ‘zio Luciano’. Scattò così l’inchiesta e il numero di Marinelli finì sotto intercettazione.
Gli inquirenti hanno poi ricostruito la planimetria della piazza dello spaccio, illustrando le basi operative usate dagli indagati per porre in essere le loro azioni criminali.
La casa di Marinelli, il vicoletto con la “tettoia” per il nascondiglio della droga; il “coffee shop”, le abitazioni di Nicola Forte e Mariyan Emilov Estatiev, l’abitazione di Giovanni Spinazzola collegata da un vicoletto all’abitazione di Marinelli e il box di via Nittoli.

Di Fino il “tuttofare”
L’inchiesta ha fatto emergere la figura di Daniele Di Fino detto “Sciaqquin”, “una sorta di ‘tuttofare’ del Marinelli – riporta la gip -, di cui pare essere dipendente. Il suo ruolo è quello di occuparsi dei rapporti con i consumatori più accaniti di sostanza stupefacente, di gestire il ‘coffee shop’, di confezionare le dosi vendute al minuto e, talvolta, di effettuare consegne agli acquirenti/spacciatori lontano dall’abitazione di Marinelli. Ed infatti, l’attività tecnica ha consentito di verificare come, quotidianamente, Difino si recava al ‘lavoro’ presso il box adiacente all’abitazione di Marinelli e nascondiglio della sostanza stupefacente. Non aveva contatti telefonici con ‘lo zio’, ma si recava personalmente presso l’abitazione dell’uomo per prestare i suoi servigi. Fungeva quasi da ‘gestore’ dell’attività illecita”.
Marinelli “dominus”
Infine, la gip si focalizza su Marinelli: “Appare il dominus – si legge – che non esita a coinvolgere a pieno titolo nelle sue vicende criminose il figlio ancora minorenne ed è soggetto incline al crimine come si evince dal suo certificato penale ove sono annotate numerose condanne per reati gravi (rapina, estorsione, furto, evasione) oltre ad una serie impressionante di condanne per la violazione della normativa sugli stupefacenti, tra cui la partecipazione ad associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti; risulta, ancora, sottoposto in ben due occasioni alla misura della sorveglianza speciale di P.S. che pure violava dimostrando di vivere sistematicamente nell’illegalità; anche le pendenze a suo carico danno contezza di un soggetto dedito allo spaccio di stupefacenti conosciuto anche oltre l’ambito regionale“.