Colpo al narcotraffico nel quartiere San Bernardino di San Severo, rione ad alta densità criminale, un vero e proprio covo dello spaccio. Undici arresti nell’operazione “Coffee Shop” di Procura di Foggia, squadra mobile e commissariato sanseverese, in collaborazione con il Reparto Prevenzione Crimine e il supporto delle unità cinofile, degli artificieri e del Reparto volo di Bari. Tra gli arrestati Giovanni Spinazzola, 62 anni detto “U Fuggianill” (domiciliari), Severino Pio La Marca, 33 anni detto “Rino” (carcere), Luciano Marinelli, 58 anni detto “Zio Luciano” (carcere), Daniele Di Fino, 39 anni alias “Sciaqquin” (domiciliari), Nicola Forte, 39 anni detto “Tortellin” (domiciliari), Marivan Evstatiev, 34 anni detto “Mario” (carcere). Poi Sergio Bucci (classe ’82, detto U’ Frrer, domiciliari), Enrico Caporrelli (classe ’85, domiciliari), Lino Amodio Sabetta (classe ’90, carcere) e Luigi Sabetta (classe ’68, carcere). Gli ultimi tre residenti tra Casalbordino e San Giacomo degli Schiavoni.
L’operazione riguarda infatti i territori di San Severo e dei centri abruzzesi e molisani: 9 misure cautelari emesse dal gip presso il Tribunale di Foggia a carico di altrettante persone ritenute, a vario titolo, responsabili dei reati di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, di detenzione e porto di arma clandestina e di ricettazione. Nel corso dell’inchiesta sono stati sequestrati ben 3,5 chili di eroina e un chilo di cocaina ma anche armi come un AK-47 (il noto kalashnikov), pistole calibro 7,65 e munizioni. Arrivavano dal Molise e Abruzzo per comprare droga a “San Bernardino” e portarla nelle rispettive regioni.
L’attività investigativa, che ha permesso di disarticolare una rete di spacciatori di San Bernardino, ha avuto origine nell’autunno scorso, quando, a seguito di alcuni servizi di polizia, era stata notata la presenza sospetta nel quartiere di diversi soggetti, alcuni dei quali provenienti da altre regioni. Le successive indagini, caratterizzate da attività tecniche e continui servizi di osservazione, hanno permesso di confermare la presenza di locali adibiti a piazze di spaccio e gestite dagli odierni indagati. Una di queste, in particolare, era gestita da un pregiudicato sanseverese con numerosi precedenti specifici.
Il lavoro degli investigatori ha consentito di ricostruire i movimenti degli indagati che avevano creato un vero e proprio business della droga, particolarmente redditizio. La rete di spacciatori agiva in base ad un modus operandi ben collaudato. L’acquirente, infatti, presi contatti telefonici con il venditore, lo raggiungeva a San Bernardino dove acquisiva lo stupefacente. La droga talvolta veniva consegnata direttamente dal venditore, in altri casi, invece, avvenuto l’incontro, il cliente veniva accompagnato in un luogo prestabilito dove prelevava egli stesso la droga in alcuni punti convenzionali, secondo le indicazioni ricevute, in locali attigui ai luoghi di spaccio, all’interno di intercapedini o sotto le tettoie difficilmente visibili dall’esterno.
Nelle comunicazioni telefoniche usavano linguaggi criptici, tipici degli ambienti malavitosi per indicare la droga, i punti di incontro e stabilire le modalità della cessione. Tra le “parole in codice” utilizzate c’erano “cioccolata” e “caffè”. Per eludere eventuali controlli, i gruppi avevano creato un sistema di vedette con il compito di avvisare i componenti dell’organizzazione della presenza delle forze dell’ordine. Un locale era stato adibito a luogo dove i numerosi consumatori, dopo aver acquistato la droga, erano soliti intrattenersi per testare la qualità dello stupefacente; da qui il nome dell’operazione “Coffee shop”.
Dalle indagini emerge che il sistema di affiliazione era talmente collaudato che nei casi in cui il compratore, a seguito di un controllo delle forze dell’ordine e il contestuale sequestro dello stupefacente acquistato, esibisse al venditore il verbale di sequestro poteva ottenere il rimborso attraverso nuovo rifornimento di sostanza stupefacente a titolo gratuito. Nel corso dell’indagine sono stati effettuati numerosi sequestri di droga che hanno confermato le iniziali ipotesi investigative e che hanno dimostrato l’esistenza dei traffici illeciti. Sono stati sequestrati, in particolare, sei chili di sostanza stupefacente (cocaina ed eroina), nonché alcuni chili di marijuana e hashish e un arsenale di armi fra cui due pistole, munizioni e, come detto, un kalashnikov.
Durante l’esecuzione delle misure cautelari, sono state effettuate diverse perquisizioni personali e domiciliari; si è proceduto al sequestro di un immobile nel Comune di San Severo usato per lo spaccio e per il consumo di droga, con allacci abusivi di energia elettrica. All’interno dell’immobile, circondato da telecamere rimosse e sottoposte a sequestro perché inquadranti aree soggette a pubblica via, è stato rinvenuto molto materiale di confezionamento oltre al bilancino e a residui di sostanza stupefacente e da taglio, nonché, in un cassetto adibito a cassa, un paio di calcolatrici con bigliettini riconducibili a conti e denaro di piccola taglia frutto dell’attività di spaccio. La persona che aveva la disponibilità dell’immobile è stata arrestata dagli agenti della mobile e condotta negli uffici di polizia in attesa delle determinazioni dell’autorità giudiziaria.