“I bambini non si toccano, forza Dodo. Non mollare, sei un piccolo combattente. Vinciamo questa battaglia”. Tutta San Severo fa il tifo per il bambino di 6 anni ferito in un agguato di mafia durante i festeggiamenti per la vittoria della Nazionale agli Europei di calcio. Nelle scorse ore, il piccolo è stato trasferito dal Policlinico Riuniti di Foggia all’ospedale di Bari dove è seguito da un’équipe multidisciplinare composta da rianimatori, chirurghi pediatrici e neurochirurghi. Le sue condizioni rimangono critiche.
Intanto, si è svolta l’autopsia sul corpo dello zio, il pregiudicato 42enne Matteo Anastasio, ucciso quella sera a colpi di pistola calibro 7,65. Per l’esito delle analisi occorrerà attendere circa due mesi. I killer, due persone a bordo di uno scooter con caschi integrali, hanno esploso cinque proiettili, due hanno centrato Matteo Anastasio a testa e collo, un terzo ha colpito il nipotino all’addome. Altri due sono andati a vuoto. Illesa la convivente della vittima, anche lei presente sul luogo dell’agguato. “Siamo scesi a comprare una pizza, poi ci siamo recati a casa per la partita. Dopo la vittoria dell’Italia siamo usciti a festeggiare”, ha raccontato la donna agli inquirenti.
Foto e video dell’agguato hanno fatto presto il giro di chat e social: numerose immagini sono tuttora al vaglio degli investigatori. Si scava anche tra i filmati della videosorveglianza nel tentativo di individuare i responsabili dell’agguato. Un lavoro non semplice vista la presenza in strada di migliaia di persone festanti per gli Azzurri.
LE INDAGINI
L’omicidio di Matteo Anastasio, 42enne sanseverese con precedenti per droga, sarebbe avvenuto nell’ambito della criminalità organizzata. Chi indaga scava soprattutto nel mondo dei clan mafiosi della città e nel business degli stupefacenti che per anni ha arricchito le tasche dei boss. Non si esclude che dietro l’agguato ci sia la voglia di qualcuno di colmare il vuoto di potere lasciato dai capimafia storici, tutti in carcere dopo la maxi operazione “Ares” del 2019. I padrini Franco Nardino, Roberto Nardino e Severino Testa sono già stati condannati a lunghe pene, mentre è ancora sotto processo Giuseppe La Piccirella. Anastasio, stando agli investigatori, sarebbe stato vicino al clan Nardino rivale del gruppo Testa-La Piccirella, organizzazioni ritenute ormai “autonome e indipendenti” dai magistrati antimafia della DDA di Bari.
Nell’inchiesta sull’uccisione di Anastasio non viene sottovalutato il presunto collegamento tra gli ultimi omicidi che si sono consumati nell’Alto Tavoliere. La morte del 42enne, infatti, potrebbe essere strettamente connessa a quella del fratello Giuseppe (padre del bimbo ricoverato), ucciso il 5 febbraio 2017 in via Taranto. Per quel fatto di sangue era sospettato Matteo Masullo detto “Bacchettone” per la sua altezza, un giovane di 30 anni svanito nel nulla la sera del 7 febbraio 2017, soltanto due giorni dopo l’agguato di via Taranto. Masullo era a Termoli dalla fidanzata ma si allontanò dopo aver ricevuto una telefonata: “Rientro tra poco”, disse alla giovane, ma di “Bacchettone” non si seppe più nulla, sicuramente vittima di lupara bianca. La sua auto fu ritrovata qualche giorno dopo in una masseria abbandonata di San Severo.
C’è poi il netturbino Pasquale Maiellaro, amico di Masullo, vittima di agguato a Torremaggiore il 28 aprile del 2017, ennesimo omicidio irrisolto dell’Alto Tavoliere. Nel 2002 Maiellaro uccise il 22enne Nazario Protano durante una lite per futili motivi. Sempre quell’anno, il 18 giugno, Giuseppe Anastasio ammazzò per un tragico errore la 12enne Stella Costa nel tentativo di eliminare un “rivale” in amore. Una scia di sangue lunga 19 anni, piena di intrecci e misteri. Sta agli investigatori fare luce sull’ennesima guerra di mafia a San Severo.