Incandidabili Angelo Riccardi, Salvatore Zingariello e Antonio Conoscitore. Stangata della Corte d’Appello per i tre ex amministratori del Comune di Manfredonia, ente sciolto per mafia a fine 2019. Riccardi e Zingariello, rispettivamente ex sindaco e vicesindaco, erano stati ritenuti incandidabili già in primo grado contrariamente all’ex consigliere comunale Conoscitore per il quale è stato accolto il reclamo del Ministero dell’Interno. I tre politici sono stati “condannati – riporta la sentenza – al pagamento in solido, in favore del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Foggia, delle spese del grado che liquida in euro 3.170,00″.
Rigettati, dunque, i ricorsi presentati da Riccardi e Zingariello, quest’ultimo più volte citato nella relazione di scioglimento per mafia del Comune di Manfredonia per la sua vicinanza con il basista della strage di San Marco in Lamis, Giovanni Caterino, quest’ultimo condannato in primo grado all’ergastolo per quel fatto di sangue.
I giudici sottolineano “i rapporti di frequentazione ed amicizia – segnalati nella relazione prefettizia – intercorrenti tra il predetto Caterino Giovanni e Zingariello Salvatore ex vice sindaco nonché assessore ai lavori pubblici. Rapporti manifestatisi, altresì, in occasioni pubbliche o aperte al pubblico quali un incontro di basket, una festa organizzata per il risultato elettorale, un soggiorno a Metaponto presso la stessa struttura alberghiera tra il 25 agosto ed il 2 settembre 2018. Anche a voler prescindere dai legami di vicinanza tra alcuni componenti dei rispettivi nuclei familiari, pure opportunamente evidenziati nella relazione e ripresi dal Tribunale, emerge uno stretto legame tra un esponente della criminalità organizzata garganica ed il vicesindaco nonché assessore ai lavori pubblici”.
Bocciati i reclami di Zingariello sugli episodi riportati nella relazione di scioglimento per mafia. L’intercettazione nella quale Caterino cita il politico viene ricondotta dall’ex amministratore comunale “nel perimetro della millanteria”. Inoltre Zingariello ha sottolineato “la natura meramente episodica delle frequentazioni con Caterino e lo Zingariello, ‘isolati temporalmente tra loro e inquadrabili in occasionali incontri in luoghi pubblici’, ivi compreso il soggiorno a Metaponto sfumato come gita in pullman unitamente a 50 persone. Analogamente i rapporti di amicizia e frequentazione tra il fratello del vicesindaco, Zingariello Girolamo, e la famiglia Caterino, pure evidenziati nella relazione, vengono ricondotti nell’ambito della massima trasparenza”. Contestazioni che non hanno convinto affatto i giudici.
Inoltre, il legame tra l’ex vicesindaco e il basista della strage di mafia, “che già di per sé svilisce la funzione istituzionale ricoperta dal primo – riporta sempre la Corte -, non rimane un fatto isolato inserendosi, senza soluzione di continuità, nel contesto di una gestione politica ‘assente’ in ordine ad alcuni settori nevralgici per la vita dell’ente, quali la gestione dei tributi, il rilascio di concessioni demaniali marittime (ad uso impianti di acquacoltura e per la realizzazione di stabilimenti balneari), l’edilizia, il servizio di trasporto cimiteriale”.
Riguardo alle concessioni demaniali, secondo i giudici sarebbero avvenute “con sistematica disapplicazione del protocollo d’intesa sottoscritto con la Prefettura di Foggia nel luglio 2017 implicante, da parte del Comune di Manfredonia, proprio al fine di contrastare fenomeni di infiltrazioni mafiose, l’impegno a richiedere le informazioni antimafia ex art. 91 DL n. 159/2011. La relazione segnala, altresì, l’omesso compimento di qualsivoglia iniziativa finalizzata alla repressione dell’abusivismo edilizio mettente capo ad esponenti mafiosi rinunciando ad acquisire entrate anche a titolo di oblazione”. La mancata richiesta delle certificazioni antimafia è tra le maggiori accuse mosse nei confronti dell’ex sindaco Riccardi.
Riguardo a Conoscitore, ex consigliere comunale al suo primo mandato, la Corte d’Appello ricorda che “è, altresì, il socio di minoranza della Biessemme srl, proprietaria del noto stabilimento balneare Bagni Bonobo, sul litorale sipontino, destinataria di interdittiva antimafia” e riconducibile alla famiglia Romito.
“In occasione della presentazione di SCIA per la prosecuzione dell’attività di stabilimento balneare – riportano ancora i giudici –, è stata riscontrata la disapplicazione del protocollo di intesa sottoscritto con la Prefettura di Foggia nel luglio 2017 per non essere state richieste tempestivamente le informazioni antimafia ex art. 91 Dlgs n. 159/2011 inoltrate dal Comune solo tardivamente nonché a seguito di sollecitazione da parte della Prefettura. A fronte di tale grave irregolarità, il consigliere Conoscitore ha omesso di attivare qualsivoglia potere di autocontrollo ex post sulla politica gestionale del Comune della cui compagine è parte integrante in quanto portatore di un interesse diretto al vantaggio indebitamente conseguito dalla società di cui è socio. È vero che il Conoscitore non aveva ex ante il potere di interferire sulla esatta esecuzione degli impegni assunti dal Comune con la Prefettura di Foggia mediante il protocollo d’intesa ma, quale consigliere di maggioranza, aveva il dovere di segnalare o comunque attivarsi ex post per correggere la condotta omissiva del sindaco”.
Riccardi: “Messi alla gogna al posto dei veri mafiosi”
Non si è fatta attendere la reazione di Angelo Riccardi che ha affidato ai suoi profili social il pensiero su quanto deciso dalla Corte: “Come era ampiamente prevedibile, la Corte di Appello di Bari ha rigettato la mia richiesta di riformulare la sentenza di primo grado del Tribunale Civile di Foggia, continuando nell’orientamento sistematico di ritenere gli amministratori di un comune sciolto per presunte infiltrazioni responsabili a prescindere, e costretti quindi ad essere marchiati a vita dallo Stato come mafiosi.
Non solo, quindi, si subisce un atto politico grave, poiché con lo scioglimento si elimina un organo legittimamente eletto, ma si procede anche con un giudizio civile senza avere alcuna possibilità di difendersi. Paradossalmente, infatti, non essendoci fatti e accuse puntuali nei miei confronti e non avendo alcuna possibilità di difesa reale, mi ritrovo ingabbiato in una strada senza uscita.
In una provincia ultima in Italia dove la mafia continua nei suoi affari e con la sua feroce bestialità, colpendo anche anime innocenti com’è accaduto domenica scorsa a San Severo, dove un bambino di 6 anni lotta tra la vita e la morte dopo essere stato colpito in un agguato, sono gli amministratori e non i delinquenti che vengono messi alla gogna.
Sì, quegli stessi amministratori pubblici che in questi giorni, guidati dal caparbio presidente dell’ANCI Antonio Decaro, protestano vivacemente per essere stati sviliti nei loro poteri e nelle funzioni, ritrovandosi addosso colpe di ogni tipo, come quella, nel mio caso, di essere additato come mafioso pur non avendo fatto nulla.
Ho sempre sostenuto che l’applicazione dell’art. 143 TUEL è indegno di un paese democratico e civile come si definisce l’Italia. Da sindaco ho chiesto più volte l’aiuto dello Stato per combattere la criminalità e non ho ricevuto risposte concrete come ad esempio organizzazioni di attività di repressione vera per colpire i patrimoni dei mafiosi. Poi un bel giorno (si fa per dire) è arrivato lo scioglimento per mafia senza che fosse dimostrata alcuna infiltrazione. Ora io mi chiedo e vi chiedo: per caso in questo modo la situazione è sostanzialmente cambiata ? Assolutamente no. In compenso è stata sospesa la democrazia ed un manipolo di amministratori è stato umiliato insieme ai propri cari, senza aver commesso alcun reato”.
Poi conclude: “Non posso arrendermi, non devo, pur davanti alle continue condanne al pagamento delle spese. Cosa gravissima anche questa, poiché la questione economica sembra volta a scoraggiare ogni iniziativa di difesa, come se nel nostro paese l’innocenza fosse garantita solo a chi è in grado di pagare. Farò ricorso in Cassazione, consapevole che non ho molte speranze di difendermi in Italia e che sarà necessario andare dinanzi alla Corte di Giustizia Europea per mettere fine a questa triste vicenda tutta italiana”. (In alto, Zingariello e Riccardi; sotto, Conoscitore)