Aria di casa per il “baby boss”. Il gip ha concesso i domiciliari a Francesco Pio Pacilli, 23 anni e al suo sodale Matteo Caputo, 21 anni, due tra i principali imputati del processo “Stirpe Criminale” contro le nuove leve del clan dei montanari Li Bergolis-Miucci, attualmente capeggiato da Enzo Miucci detto “U’ Criatur”. Lo scorso 19 novembre Pacilli aveva patteggiato una pena di 4 anni mentre Caputo 3 anni e 4 mesi. Il primo difeso dai legali Pellegrini e Schiavone, il secondo difeso dal solo Schiavone.
Il gip non aveva invece accolto la richiesta di patteggiamento presentata dai legali del 42enne Libero Caputo. Per lui rinvio a giudizio e processo trasferito da Bari a Foggia con inizio fissato al 22 gennaio 2020. Già condannati, con pene oscillanti tra 8 mesi e 2 anni, gli altri imputati, marginali rispetto a Pacilli e ai due Caputo.
A spiccare in “Stirpe Criminale” è proprio il nome del giovane Pacilli che lascia il carcere di Foggia per una misura cautelare più lieve. Il 23enne è figlio di Giuseppe Pacilli alias Peppe U’Montanar, uno dei capi storici dei “Maschi della Montagna”, arrestato nel 2011 dopo un lungo periodo di latitanza e oggi in carcere col 41 bis a L’Aquila, penitenziario dove è rinchiuso allo stesso regime anche il Mammasantissima della “Società Foggiana”, Rocco Moretti, quest’ultimo detto “U’ Purk”.
“Stirpe Criminale” scoperchiò il traffico di droga sul Gargano e in particolare a Manfredonia. Lo stupefacente, giunto dall’Albania, veniva recuperato dagli arrestati direttamente dagli uomini del clan e venduto nel centro sipontino. Senza scrupoli i criminali, colpevoli di aver anche bruciato l’autovettura di un carabiniere ritenuto scomodo.
Pacilli junior finì al centro di un blitz del dicembre 2018 condotto dalla polizia e coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, accusato di traffico di droga, corruzione e dell’incendio dell’auto del militare, tutti reati aggravati dalla mafiosità.
I FATTI
Polizia e DDA arrestarono Francesco Pio Pacilli, classe ’96, Libero Caputo, classe ’77, Matteo Caputo, classe ’98; Salvatore Pacillo, classe ’63, Ciro Pacillo, classe ’97 e Valentino Conoscitore, classe ’72. Alcuni ritenuti contigui alla criminalità organizzata garganica del gruppo mafioso dei “Montanari”, ritenuti a vario titoli partecipi dell’organizzazione criminale operante a Manfredonia e capeggiata dal figlio di “U Muntanar”.
La giovane consorteria criminale aveva di fatto monopolizzato lo smercio dell’hashish in riva al golfo sipontino. Fu accertata l’esistenza di una struttura organizzata caratterizzata da un sistema verticistico facente capo a Libero Caputo, imprenditore nel settore dell’abbigliamento a Manfredonia, e Francesco Pio Pacilli, entrambi deputati alla gestione, in prima persona, degli acquisti delle forniture di consistenti quantitativi di stupefacente, sfruttando relazioni privilegiate con altre consorterie criminali della provincia, ed occupandosi della gestione contabile dei consistenti ricavi generati dalla vendita al dettaglio attraverso una collaudata e ben organizzata rete di spaccio composta dagli altri sodali sotto-ordinati con grado di pusher a cui i due imponevano precise regole per lo spaccio al minuto.
Le attività tecniche evidenziarono il tentativo di Pacilli e Caputo di sbarazzarsi delle attenzioni rivolte loro dalle Forze di Polizia, sfruttandone la risonanza del gesto nel rapporto con i sodali e più in generale con gli altri concorrenti, dapprima incendiando l’auto di un carabiniere e successivamente arrivando addirittura a formalizzare una denuncia per atti persecutori nei confronti del medesimo per allentare i frequenti controlli.
Già durante un periodo ai domiciliari, i due pianificavano viaggi verso Cerignola per l’approvvigionamento di consistenti quantitativi di hashish. Su esplicito incarico dei vertici dell’organizzazione, infatti, Matteo Caputo e Raffaele Quitadamo, opportunamente istruiti da Pacilli, si procuravano un’auto a loro non riconducibile per recarsi a Cerignola.
Secondo gli inquirenti, Pacilli junior e Libero Caputo conquistarono l’egemonia dello smercio al dettaglio dell’hashish nella città di Manfredonia, impadronendosi di punti strategici quali “piazzetta Mercato” e più in generale alcuni luoghi di ritrovo dei giovani manfredoniani situati in zona Monticchio.