“Nel Basso Tavoliere la realtà criminale più solida e strutturata, verosimilmente anche per l’esistenza di un organo decisionale condiviso, resta quella di Cerignola, la cui strategia operativa si basa sia su un radicato controllo del proprio territorio, sia sull’impiego di risorse su altre aree del territorio nazionale”. Lo scrivono i magistrati della Direzione Investigativa Antimafia nell’ultima relazione pubblicata, quella relativa al secondo semestre 2018. “La criminalità cerignolana – rappresentata dai clan Piarulli (il cui vertice risiede in Lombardia) e Di Tommaso (rinvigorito dalla scarcerazione di alcuni esponenti di peso) – mantiene la propria vocazione verso i reati predatori (rapine ai tir, furti di autovetture e di mezzi pesanti) realizzati con forme di pendolarismo. Correlata a questa attività è la ricettazione dei pezzi di ricambio dei veicoli, la nazionalizzazione di autovetture clonate estere e il recupero di materiale ferroso”.
Secondo la DIA, “i gruppi di Cerignola sono diventati, tra l’altro, un punto di riferimento anche per altri sodalizi, sia nel sostegno delle latitanze, sia nelle attività di riciclaggio, grazie alla capacità di schermare efficacemente i profitti illeciti, anche mediante prestanome, in attività di ristorazione, nella filiera agroalimentare e nel commercio di carburante.
L’intera area dei cinque reali siti, pur risentendo in modo significativo dell’influenza della criminalità cerignolana, annovera realtà, come quella di Orta Nova, caratterizzata da un forte tessuto criminale autoctono (clan Gaeta e Russo), capace di ben interagire con la mafia cerignolana e foggiana, specie nel mercato degli stupefacenti e delle armi, nella ricettazione, nel riciclaggio e nei reati predatori”.
Stando alla relazione, “tale dinamicità è verosimilmente alla base anche di collegamenti extraregionali, in modo particolare con la Campania, come emerso in occasione dell’esecuzione, il 17 luglio 2018, di una misura cautelare nei confronti di un gruppo criminale composto da quattro soggetti di Orta Nova ed uno di Avellino, cui sono stati contestati danneggiamenti in danno di quattro parchi eolici, ubicati nella provincia di Avellino. Le indagini ne hanno evidenziato il chiaro tenore estorsivo, legato alla mancata attribuzione dei compiti di manutenzione alla ditta di proprietà dell’indagato avellinese.
In conclusione, se il traffico degli stupefacenti costituisce il business fondamentale alla base dell’economia illegale dei gruppi mafiosi foggiani, le estorsioni e i reati contro il patrimonio si confermano settori di primario interesse.
Tuttavia – concludono dalla DIA -, vanno rilevati i preoccupanti profili evolutivi che connotano oggi le attività di riciclaggio poste in essere dalle organizzazioni criminali daune, le quali mostrano sempre più considerevoli livelli di specializzazione e capacità di sfruttare contesti ‘ambientali’ particolarmente esposti (come società ed aziende in difficoltà economica), avvalendosi, all’occorrenza, di figure professionali colluse“.