“Quelli dovrebbero morire proprio”. “Ci serve una fortezza di soldi da poter dichiarare guerra a chiunque”. Sono queste alcune delle frasi emerse dalle intercettazioni della polizia durante le indagini sul clan Perna a Vieste. Parole inequivocabili sulla sete di potere del gruppo criminale, pronto ad azzerare il clan rivale di Marco Raduano per controllare Vieste e dominare il business della droga con l’Albania. Così facendo il clan Perna avrebbe potuto ritagliarsi un ruolo di spicco nel circuito mafioso locale ma anche nazionale. Tante, infatti, sono le organizzazioni criminali a cui fa gola accaparrarsi lo stupefacente dall’Albania, camorra in primis.
Nelle 83 pagine dell’ordinanza che ha portato all’arresto di sette elementi di spicco del clan Perna, il gip di Bari Anglana scrive: “La gestione delle attività criminali del gruppo Perna ha creato una situazione di conflitto con l’altra compagine”.
Eppure dall’inchiesta è emersa la volontà da parte di alcuni soggetti di raggiungere la pace: “Finiamo questa guerra perchè la fetta di torta c’è pure per loro”. Ma in una conversazione tra Giovanni Iannoli (ritenuto numero due del boss Girolamo Perna insieme al cugino Claudio Iannoli, ndr) e Giuseppe Stramacchia ecco cosa affermarono.
Stramacchia: “Io ti squaglio pure a te insieme a loro”
Iannoli: “Perchè sta cosa? Che tu pensi che io scendo a compromessi?”
Stramacchia: “Si, ti giuro sulla morte di mio figlio, ti squaglio pure a te. Ti secco pure a te”
Stando agli inquirenti, i cugini Iannoli incontrarono alcuni elementi del gruppo rivale. Fu proposta una tregua ma Stramacchia in particolare non sembrava molto d’accordo. “Uccidere uno non basta. La botta non la sentono. Il momento che ci andate a parlare mi presento pure io. Sparo in testa a tutti e 4. Io devo uccidere a Anthony e Cristoforo. Mo li devo uccidere”… “Eh ma la botta la sentono la famiglia loro, capito? Come quel pezzo di merda che sta sotto terra. Così la possono sentire”.
In una recente intercettazione datata 13 luglio 2018 fu lo stesso Giovanni Iannoli a impartire un ordine ben preciso conversando con Raffaele Giorgio Prencipe e lo stesso Stramacchia: “Dovete acchiapparne almeno un paio. Quelli vanno camminando pure in tre. Li vai a incontrare, una botta sola. Quelli dovrebbero morire proprio. Magari appena sappiamo che stanno insieme da una parte… oppure bisogna prendere proprio a lui”. E Stramacchia risponde: “Marcuccio?” Iannoli: “Ma lui è più difficile”.
Stramacchia: “Marcuccio? Io ti dico a chi dobbiamo prendere per primi. A… (riferimento a un giovane viestano) e Marcuccio, quegli altri due ce li mangiamo”.
Poi Iannoli indicò due persone da uccidere e Stramacchia rispose: “Li prendo con la corda, li lego e li porto con me al porto e li butto giù, là non ci stanno nemmeno le telecamere”.
“Lo dobbiamo fare in un modo garbato”, la puntualizzazione di Iannoli. E Stramacchia: “Noi uccidiamo pure a lui, non ti preoccupare, un proiettile in più, uno in meno, una testa in più per terra. Gesù Cristo lo sa che lo faccio solo per il bene suo”.
Iannoli: “Se ne cappotti un paio insieme quelli spariscono. Chi se ne va a Milano, chi se ne va… quello sarebbe buono fare”.
Marcuccio sarebbe Marco Raduano, il boss rivale a capo del clan in guerra coi Perna per il controllo del territorio. In quei giorni Raduano, detto “faccia d’angelo”, era libero prima di tornare in cella nel blitz del 7 agosto scorso. Il 21 marzo fu vittima di un agguato ma scampò miracolosamente alla morte.
Attualmente, dopo tre anni contrassegnati da 8 omicidi, una lupara bianca e alcuni agguati falliti, sono in cella tutti i vertici della malavita viestana. Ma il lavoro della “Squadra Stato” non è affatto finito.
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