
Scampato all’agguato nel bar H24 in via San Severo a Foggia. Anche Giuseppe Albanese, uomo del clan Moretti-Pellegrino-Lanza, era nel mirino dei Sinesi-Francavilla, questi ultimi decisi a vendicare il tentato omicidio del super boss Roberto Sinesi, detto “lo zio”. Le carte dell’inchiesta sulla morte di Roberto Tizzano e sul ferimento di Roberto Bruno, entrambi pizzicati dai killer il 29 ottobre scorso nel bar H24, tirano in ballo anche un altro soggetto, quel Giuseppe Albanese oggi ai domiciliari a scontare due anni per porto di pistola.
Pure lui, 37 anni, era nel locale stando ad alcune intercettazioni. “Si trovava nel bar ed era un probabile obiettivo dei sicari – scrive il gip Abbattista nelle 79 pagine dell’ordinanza -, scampò miracolosamente all’agguato diretto contro il suo clan”. E ancora: “Acquisì diretta contezza sia della dinamica omicidiaria sia dei soggetti dai quali proveniva l’aggressione armata da vendicare”.
Nei giorni successivi all’omicidio, Albanese e un altro soggetto vicino a Tizzano, provarono a rintracciare Cosimo Damiano Sinesi che però si chiuse in casa per evitare la vendetta nei suoi confronti. In un’intercettazione, Albanese riferì a un amico: “Me ne sono andato compare, me ne sono scappato come un…. (incomprensibile)“. E in un’altra intercettazione gli investigatori ascoltarono le parole di un parente di Albanese: “Giuseppe se non si metteva dietro il bancone… Non l’hanno preso, a lui volevano. Ha detto che ha visto questa macchina che si sono fermati davanti al bar con tre persone. Dice che lui si è messo a correre e non è riuscito ad acchiappare gli altri. Hanno ucciso il bambino, diceva, l’hanno ucciso. Io mi sentivo un fatto, gli ho detto: “Giuseppe, non andare davanti al bar”, gli ho detto “mi sento una brutta cosa oggi. Lo facevano morto a Giuseppe”. In altra intercettazione altre persone rivelarono: “Se Albanese non se lo tirava nel bagno a quel ragazzo (riferito a un minorenne presente nel locale, secondo l’accusa) lo spallottolavano pure a lui. Là sono andati con l’intenzione di tutti e tre (Albanese, Tizzano e Bruno, ndr), chi ha fatto la chiamata sapeva che stavano tutti e tre nel bar”.
Albanese, come detto, è elemento noto agli inquirenti. Coinvolto nell’operazione “Ripristino” nei confronti di alcuni esponenti del clan Moretti-Pellegrino-Lanza e ferito in un agguato il 10 giugno 2011, quando fu colpito dai proiettili mentre era sotto casa sua in via Rosati, nei pressi di Maria Grazia Barone. Riuscì a cavarsela anche in quella occasione.