Il canale Sky Atlantic è ormai il monopolista delle serie tv. I felici possessori di un abbonamento alla tv di Murdoch spesso disertano i canali cinema per seguire le gesta dei migliori attori internazionali che si stanno cimentando nel piccolo schermo. Abbiamo raccontato, sin dal primo numero di TeleVisti, il Kevin Spacey di “House of Cards”. Di lì in poi i palinsesti non fanno che arricchirsi, per la gioia degli abbonati e a danno della tv generalista, sempre più povera. Questo numero della rubrica è dedicato ad alcune delle serie in onda in questo periodo proprio su Sky Atlantic.
“Lilyhammer” è un fulgido esempio di contaminazioni. È una serie tv che si svolge in atmosfere rarefatte e bianche della Norvegia, dove si muove un personaggio che ha invece i colori di una New York che più “italo-americana” non si può. Lui è Frank Tagliano, un mafioso in fuga dal suo passato che inizia una nuova vita in una località che si chiama proprio Lillehammer e che esiste davvero da qualche parte nel freddo dei paesi scandinavi. Location non scelta per esigenza di copione, nel senso che la produzione è proprio norvegese (e in parte statunitense), e la prima messa in onda – 2012 – è avvenuta proprio nel paese d’origine. Solo successivamente la distribuzione è divenuta pressoché mondiale raggiungendo anche l’Italia, dove stiamo assistendo alla prima stagione (mentre viene prodotta la terza). La vera chicca è rappresentata dal protagonista che non è un attore qualunque. Forse è più conosciuto nel mondo della musica per essere il chitarrista della E Strett Band che, per chi lo ignorasse, è la band storica di Bruce Springsteen. Stiamo parlando di Steven Van Zandt, attore e musicista americano dalle chiarissime (basta guardarlo bene in faccia) origini italiane (un misto tra Calabria e Campania), peraltro molto conosciuto anche per la celebre serie tv de “I Soprano” grazie alla quale ha iniziato anche la carriera di attore. E la sua faccia fantastica in questa godibile serie tv vale davvero tutto l’investimento compiuto da Nrk1 (la tv norvegese) e Netflix. “Lilyhammer”
È il sogno americano dell’economia e della creatività digitale con tutte le sue nevrosi e le sue declinazioni che si fa serie tv. Il plot è semplice: alcuni programmatori cambiano il mondo – o più semplicemente tentano di cambiare le proprie vite – sviluppando software che dovrebbero risolvere una serie di problemi. Ovviamente le cose non sono così semplici come vorrebbero, per cui il tempo trascorre tra occasioni perse e offerte mirabolanti di futuro iper danaroso. Volendo forzare il concetto, si direbbe che il gruppetto di ragazzi forse ricorda un po’ il primo nucleo che fu di Steve Jobs all’alba di Apple: quale ragazzino/nerd non sogna di toccare quei livelli! Il genere tv che si sviluppa in “Silicon Valley” è comunque la commedia. I personaggi vorrebbero anche divertire ma l’impresa è tutt’altro che semplice. Il cast è giovane e poco conosciuto anche negli Usa, figuriamoci in Italia, ed è al momento difficile capire se il progetto avrà successo. Per ora esiste la sola prima stagione, anche se la Hbo ha annunciato la seconda stagione per la prossima primavera. I vari nerd e aspiranti tali sparsi per il mondo possono dormire sonni tranquilli. “Silicon Valley”
Leggi “The Tudors” e viene in automatico pensare a i “Borgia”. Il filone storico è uno dei più sperimentati e amati delle serie tv. E questa serie, una produzione britannica statunitense e canadese, è una di quelle più note, non foss’altro che ha visto la sua prima messa in onda nel “lontano” 2007 (negli Usa su Showtime). La scelta del cast è di primissimo ordine: il personaggio protagonista – Enrico VIII re d’Inghilterra e di Irlanda – è interpretato da Jonathan Rhys-Meyers (irlandese). L’Irlanda è anche il Paese dove la serie è stata girata. Le stagioni prodotte sono quattro e tutte andate già in onda in Italia tra il 2008 e il 2010. Su internet si sprecano pagine e interi blog dove si mettono in mostra tutte le inesattezze tra la storia raccontata dalla serie tv e la storia “vera”. Molti dimenticano che la tv è di per se stessa una “finzione” e che il genere viene definito non a caso “fiction”. Nella serie “I Tudors” come in quella de “I Borgia” spiccano colori forti e fotografia vivace che ormai sembrano essere diventati un genere a se stante nel panorama del settore. E anche in questo caso, il cinema è sempre più prossimo. Oramai è solo un fatto di dimensioni dello schermo, ma a chi possiede un buon sistema home teatre mancano solo i popcorn. “I Tudors”
Le atmosfere, la vicenda iniziale e i fratelli Coen sono gli stessi ingredienti dell’osannato film del ’96, vincitore di due Oscar. E la serie tv ispirata al film non è da meno: ha già vinto un Emmy 2014 come miglior miniserie tv. Per non parlare dell’immenso quanto inquietante Billy Bob Thornton, grande protagonista accanto a Martin Freeman. Va dato atto al canale FX di essere stato il primo a credere nel progetto affidandone la produzione proprio ai fratelli Coen che, in realtà, hanno realizzato una serie che si ispira assai vagamente al loro film. D’altra parte, per coprire due stagioni devi pur ampliare la storia. “Fargo” segue una delle tendenze che si vanno diffondendo nell’ambito delle serie tv: ogni stagione si chiude in modo definitivo, la stagione successiva spesso è un’altra storia e con altri attori. A meno che, ed è il caso di “Fargo”, la seconda stagione è il prequel della prima. Due curiosità sul cast: nella prima stagione compare Colin Hanks (figlio di Tom) mentre nella seconda arriva nientemeno che Kirsten Dunst. “Fargo”