“Erano vent’anni che non entravo in questo teatro, che emozione, che gioia!”. “No signora, non esageriamo, è chiuso solo da nove”, gli fa notare una persona accanto. Sfila il pubblico nell’atrio del Giordano per la serata che ha mobilitato la città. Qualcuno ha perso la cognizione del tempo, dieci anni o venti stasera affogano nelle luci del foyer, in quelle di Natale per le strade del centro e in quelle proiettate come ombre cinesi sulla facciata dell’edificio.
Il sindaco arriva con la famiglia e la moglie Daniela fasciata in un lungo abito nero. Fa freddo, il vento è gelido, si toglie la stola per farsi fotografare con i fiori, poi si cambia programma, meglio andar fuori: “Ridatele il cappotto”.
E’ la serata delle sorprese scintillanti, delle paillettes, del raso modellato a campana e degli strascichi sul tappeto rosso. Se vedi qualcuna che un po’ stenta nella falcata verso la meta, è colpa dell’increspatura lunga che si incastra sotto i tacchi, dunque sollevare l’abito è la prassi. L’assessore alla cultura Anna Paola Giuliani ne sfoggia uno damascato su una stola in visone, Jenny Moffa sceglie di fermare l’abito alla caviglia. E’ il gran ballo della città, e anche il papillon è stato rispolverato, oltre la moda lanciata da Gianfranco Piemontese, s’intende.
La giunta è quasi al completo, da Lombardi a Cangelli, da Erminia Roberto a Carla Calabrese. Si vedono i dirigenti Gloria Fazia e Carlo Dicesare, tra i consiglieri comunali -che arrivano per ultimi- ci sono Cataneo, Ursitti e La Torre.
Il sindaco taglia il nastro accanto a Monsignor Tamburrino: “Il tempio della cultura viene restituito ai foggiani”. La musica della Fedora accompagna la scena. Poi si sposta all’ingresso e saluta baciando le mani alle signore che conosce.
Ha lo spirito di una vera processione quella verso il teatro. Dopo nove anni a sipario spento, tornano i veterani di quella platea. Si dà appuntamento la borghesia foggiana, fremono gli appassionati di musica classica che, a pochi passi dal santuario e i suoi fedeli, si stringono anche intorno al maxischermo nell’isola pedonale. Un silenzio di ghiaccio: guardano estasiati Muti e l’orchestra Cherubini, qualcuno si culla sulle note. La musica riscalda.
E’ stata la serata delle luci, una coreografia che ha cambiato il volto del teatro con colori ed effetti speciali. Balenano anche la gigantografia della Callas e di Giordano stesso, che si disegnano dal timpano in giù. L’effetto è it’s a kind of magic. Intanto alle 21 il concerto è iniziato. Non prima di aver scoperto la targa che recita della “restituzione ai foggiani di un faro di cultura e civiltà”. I fotografi balzano in modo felino da un lato all’altro, le telecamere bloccano i big: “Viva la nostra città, auguri natalizi a tutti voi”. Il messaggio parte da Luigi Miranda presidente del consiglio.
Dopo 24 anni da direttore, Enrico Sannoner esulta: “Ci hanno restituito un gioiello”.
Si danno la mano centrodestra e centrosinistra in questo contesto mondano in cui l’arrivo di Riccardo Muti rende trepidanti. Anni di inceppi burocratici e contenziosi ne hanno ritardato l’apertura ma ieri sera gli amministratori cardine di questo lungo e difficile lavoro erano lì, Mongelli e Landella, qualche tecnico, Pippo Cavaliere e ovviamente Anna Paola Giuliani: “Muti l’abbiamo cercato per mesi”.
I vigili urbani hanno ripreso l’alta uniforme e presidiano l’ingresso tipo guardie svizzere. Varcano la soglia anche Potito Salatto, Fatima Bronci, Franco La Torre. Pippo Cavaliere, che alla questione Giordano si è particolarmente dedicato, e appassionato, non trova quasi le parole: “Dopo due anni di impegno è emozionante”.
Ma il più diretto è l’ingegner Savino Bruno: “Avevo promesso di restituirlo o no?”. Si rivolge così appena arriva alla guardia che lo presidia dal 2001. Anche lui non ne poteva più di “fantasmi dell’opera”.
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