Arresti domiciliari, per ora solo virtuali, per quattro membri della famiglia Pugliese di Cerignola, imputati per l’aggressione avvenuta il 4 settembre 2024 ai danni di medici e chirurghi degli Ospedali Riuniti di Foggia. Il provvedimento riguarda Luigi Pugliese, 55 anni, i figli Vittorio e Marino, rispettivamente di 36 e 32 anni, e il fratello Giuseppe, 51. I tre giudici del Tribunale della libertà hanno accolto l’appello del pubblico ministero Paola De Martino, che aveva impugnato la precedente decisione del gip di Foggia, contraria alla misura cautelare.
Aggressione dopo il decesso della figlia
La violenta aggressione sarebbe avvenuta davanti alla sala operatoria di chirurgia toracica, dove era appena deceduta Natasha Pugliese, 23 anni, figlia di Luigi, ricoverata dal 18 giugno in seguito a gravi lesioni riportate in un incidente stradale a Cerignola. I familiari, appresa la notizia della morte della giovane sotto i ferri, avrebbero dato in escandescenze aggredendo fisicamente e verbalmente il personale sanitario.
L’episodio avrebbe coinvolto numerose persone rimaste non identificate. I cinque Pugliese oggi a processo sono accusati di lesioni a personale sanitario nell’esercizio della funzione, minacce, violenza privata, interruzione di pubblico servizio, danneggiamento della porta d’accesso alla sala medici e resistenza a un agente intervenuto per fermare l’aggressione. Il Policlinico Riuniti si è costituito parte civile nel procedimento.
Processo in corso e rischio di reiterazione
Il processo è cominciato il 21 febbraio davanti al giudice monocratico del Tribunale di Foggia e riprenderà il 2 maggio con l’interrogatorio dei primi testimoni dell’accusa, in particolare i poliziotti che hanno condotto le indagini.
Nel settembre scorso il pm aveva già chiesto al gip i domiciliari per i quattro uomini e il divieto di avvicinamento alle parti offese per Tatiana Pugliese, sorella di Natasha e coimputata. La richiesta per la donna è stata rigettata, mentre per gli altri indagati il giudice per le indagini preliminari, pur riconoscendo la gravità degli indizi, aveva negato le misure cautelari, ritenendo cessato il pericolo di reiterazione in quanto l’aggressione era stata frutto di “un’impeto emotivo scatenato da una contingenza peculiare”.
Di diverso avviso il Tribunale del riesame, che ha sottolineato come “nessuna delle parti offese si senta sicura sul posto di lavoro” e che “con alto grado di probabilità potrebbero registrarsi nuove esplosioni di violenza”.
Esecuzione bloccata dal ricorso in Cassazione
L’ordinanza dei giudici del riesame non è però immediatamente esecutiva, balla il ricorso in Cassazione. Secondo la difesa, l’episodio va inserito in un contesto “drammatico e irripetibile” e non può essere considerato come indicativo di un rischio concreto di nuove condotte violente. Sarà ora la Suprema Corte a decidere se confermare o annullare il provvedimento.
Un secondo filone d’indagine sulla morte della giovane
Parallelamente al processo per l’aggressione, è ancora in corso l’indagine per la morte di Natasha, in cui i familiari risultano parte offesa. Venti medici e chirurghi che l’hanno avuta in cura sono indagati per omicidio colposo, mentre il ventunesimo indagato è il conducente dell’auto che si è scontrata con il monopattino su cui viaggiava la giovane, accusato di omicidio stradale.
L’autopsia fu affidata a un collegio di tre periti nominati dalla Procura, affiancati da numerosi consulenti tecnici delle parti. Dopo sette mesi, le indagini restano aperte per verificare eventuali negligenze o responsabilità nel trattamento sanitario riservato a Natasha Pugliese.