Il Ministero dell’Interno ha espresso un chiaro giudizio sull’emendamento approvato dal Consiglio regionale della Puglia, che impone ai sindaci di dimettersi sei mesi prima delle elezioni per potersi candidare. Una norma definita incostituzionale e irragionevole, che secondo il Viminale limita in modo ingiustificato il diritto all’elettorato passivo dei primi cittadini.
L’approvazione dell’emendamento, avvenuta di notte e a votazione segreta, aveva sin da subito sollevato forti perplessità da parte dell’Anci Puglia e di numerosi sindaci, che hanno denunciato la misura come discriminatoria e senza alcuna giustificazione normativa. Il provvedimento introduce un obbligo che va oltre quanto già previsto dal Testo Unico degli Enti Locali (TUEL), creando un’ulteriore barriera per la partecipazione democratica dei sindaci alla competizione elettorale.
Nelle ultime settimane, primi cittadini di ogni orientamento politico e rappresentanti di Comuni di tutte le dimensionihanno manifestato il loro dissenso attraverso l’Anci, chiedendo l’annullamento dell’emendamento. Il Ministero dell’Interno ha ora inviato al Governo una nota nell’ambito del controllo sulla legge di bilancio 2025, evidenziando la contrarietà della norma rispetto ai principi stabiliti dalla legge 165/2014. Il nodo centrale della contestazione è che l’emendamento pugliese impedisce ai sindaci di completare il proprio mandato amministrativo senza alcuna certezza di candidatura, introducendo un ostacolo alla loro partecipazione alle elezioni regionali.
L’Anci Puglia sottolinea che questa limitazione non ha precedenti e non trova alcun fondamento giuridico, creando una disparità di trattamento tra sindaci e altri amministratori locali. Con la bocciatura da parte del Viminale, il Consiglio regionale della Puglia si trova ora davanti a una scelta cruciale. Può revocare l’emendamento, riconoscendo l’errore e ripristinando il diritto di candidatura per i sindaci, oppure attendere un intervento del Governo, che a questo punto potrebbe impugnare la norma e dichiararla ufficialmente illegittima.
L’Anci Puglia auspica che il Consiglio scelga di correggere il proprio operato autonomamente, evitando così di incorrere in una impugnazione governativa che certificherebbe definitivamente l’incostituzionalità del provvedimento. Il rammarico dell’Anci è chiaro: la norma è stata approvata senza confronto e in modo del tutto ingiustificato, andando a penalizzare una categoria che già risponde a precise regole di eleggibilità. L’auspicio è che il Consiglio regionale torni sui suoi passi, cancellando una misura che, altrimenti, rischia di essere spazzata via dal Governo in un atto di tutela della democrazia.