Il pubblico ministero Giuseppe Mongelli ha chiesto alla Corte d’Assise di Foggia la condanna all’ergastolo per Angelo Di Lella, 58 anni di Apricena ed ex guardia giurata, accusato di aver ucciso la moglie Giovanna Frino, barista di 44 anni, per gelosia. Il delitto è avvenuto la mattina del 16 dicembre 2022 nella cucina della loro abitazione di via Saragat, sotto gli occhi di una delle tre figlie minorenni della coppia.
Secondo l’accusa, l’uomo sparò tre colpi di pistola contro la moglie, una violenza premeditata. Arrestato subito dopo i fatti, Di Lella è detenuto nel carcere di Trani e ieri ha assistito in aula all’udienza, durante la quale il pm ha ribadito la richiesta del carcere a vita, sostenuta anche dalle parti civili rappresentate dagli avvocati Nicola Manna per i familiari della vittima, Gildo Russo quale tutore legale delle due figlie, e dagli avvocati Maria Carla Simeone e Gabriella Giancola per le associazioni Filo d’Arianna e Impegno Donna.
Le accuse: maltrattamenti e gelosia ossessiva
Oltre all’omicidio aggravato, a Di Lella viene contestato anche il reato di maltrattamenti nei confronti della moglie. Secondo il capo d’imputazione, l’uomo era ossessivamente geloso e sottoponeva Giovanna Frino a continue aggressioni verbali e fisiche, umiliandola con accuse infamanti e appellativi irripetibili. Le testimonianze raccolte durante i 14 mesi di processo, iniziato il 27 ottobre 2023, hanno delineato un quadro familiare caratterizzato da violenza e tensione costante.
La figlia minore della coppia, presente in casa il giorno dell’omicidio perché indisposta, ha assistito alla scena e chiese aiuto subito dopo. I familiari della coppia hanno testimoniato in aula parlando dei numerosi litigi e dell’ossessiva gelosia di Di Lella.
La difesa: “Delitto d’impeto, no alla premeditazione”
L’avvocato difensore Antonio Gabrieli ha chiesto l’esclusione dell’aggravante della premeditazione, sostenendo che l’omicidio sia stato un gesto d’impeto, frutto di un particolare stato emotivo. Gabrieli ha inoltre chiesto l’assoluzione dai maltrattamenti e la concessione delle attenuanti generiche per evitare l’ergastolo.
Al centro della difesa anche la perizia psichiatrica, disposta dalla Corte su richiesta dello stesso avvocato, secondo cui Di Lella soffrirebbe di un disturbo schizoaffettivo con sintomi psicotici. Tuttavia, lo psichiatra incaricato ha chiarito che l’imputato era pienamente capace di intendere e volere al momento dell’uxoricidio.
Le parole di Di Lella
Durante l’udienza del 27 settembre scorso, Di Lella ha parlato per la prima volta, dopo essersi avvalso della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di convalida dell’arresto. In aula ha ammesso la sua gelosia ossessiva, raccontando dei conflitti familiari e negando i maltrattamenti. L’imputato ha dichiarato di non ricordare il momento degli spari: “Non ricordo d’aver sparato, il mio primo ricordo è stato chiedere aiuto vedendo mia moglie in una pozza di sangue. Credevo fosse ancora viva”.
Sentenza attesa il 20 dicembre
La requisitoria del pm e le arringhe delle parti civili e della difesa hanno chiuso un processo complesso, segnato da testimonianze dolorose e analisi dettagliate degli eventi. La sentenza della Corte d’Assise è attesa per il prossimo 20 dicembre.