Le mani dei Li Bergolis-Miucci sui cantieri di Manfredonia. Emerge anche questo dalla maxi operazione “Mari e Monti” contro l’organizzazione mafiosa garganica. Occhi puntati su coloro che la Dda indica al vertice del clan, Enzo Miucci e suo fratello Dino, il primo, 41 anni, boss indiscusso con ruolo di reggente dopo l’arresto dei cugini Armando, Matteo e Franco Li Bergolis, il secondo, 46 anni, con il compito di gestire il mondo degli appalti.
Proprio nell’edilizia, ma anche nel settore turistico (agriturismi e b&b), si muoverebbero molti degli interessi criminali dei montanari, grazie a ditte prestanomi e professionisti compiacenti, una “zona grigia” che sarebbe composta da avvocati, ingegneri e geometri, tutti al soldo del clan. Diversi creditori di queste aziende avrebbero avuto l’ordine di non adempiere ai crediti professionali in corso perché il clan temerebbe che una volta confluito il denaro nei conti correnti, questi ultimi vengano sequestrati.
A questo si aggiungono appalti tuttora in essere che sollevano alcune perplessità. A Monte Sant’Angelo è stato aggiudicato un affidamento dal Comune, in seguito alla vittoria di una gara pubblica alla quale presero parte anche altre società, alla “Costruzioni La Torre srl” per la manutenzione di una strada. L’impresa, che non è interessata da procedure interdittive, è citata proprio nelle carte di “Mari e Monti” quando il gip parla delle presunte estorsioni di Leonardo detto “Dino” Miucci e Raffaele Palena, 31 anni, detto “Strizzaridd”, fedelissimo del clan.
I due, si legge nell’ordinanza, “avrebbero costretto la società ‘Bio System Company srl’, mediante minaccia, a stipulare un contratto per la movimentazione terra a favore della società ‘Costruzioni La Torre srl di Michele La Torre’, vicina al clan Li Bergolis e a corrispondere per tale fornitura una cifra non inferiore a 20.100,00 euro, così procurando alla citata società un ingiusto profitto con l’altrui danno ed impedendo alla vittima di perseguire i propri interessi economici nel modo e nelle forme ritenute più confacenti ed opportune. Minaccia consistita – riporta ancora l’ordinanza – nel fare intendere alla vittima, implicitamente per le qualità personali dei richiedenti, per le modalità, i tempi ed il contesto in cui si realizzava la richiesta che, in caso di mancato adempimento e/ o rifiuto, avrebbe subito ritorsioni”. Il tutto “al fine di agevolare il clan Li Bergolis”.