Si sgretola uno dei pezzi dell’indagine “Giù le mani” a Manfredonia. La Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura di Foggia contro la decisione del Riesame di modificare l’accusa nei confronti di Grazia Romito. L’indagata, alla quale inizialmente era contestato il reato di falso in atto pubblico, ora risponde solo di reato di falso in atto autorizzativo. Oggi, nel processo che si sta svolgendo nel tribunale foggiano, il giudice ha disposto un rinvio tecnico per consentire ai pm di riformulare il capo di imputazione nei confronti della Romito che, dunque, vede notevolmente ridimensionata la propria posizione. Stesso discorso per Luigi Rotolo, altro indagato, sospettato di aver fatto da prestanome. Tra le conseguenze di questa decisione c’è l’inutilizzabilità delle intercettazioni riguardanti questo filone.
La questione ruota intorno all’autorizzazione per lo svolgimento di attività funebre senza i requisiti previsti dalla legge. Il 27 marzo il Tribunale di Bari accolse il riesame annullando l’ordinanza applicativa della misura cautelare e ritenendo che l’atto falso fosse “un atto autorizzatorio in senso stretto, a carattere vincolato nei presupposti, che non contemplava margini di discrezionalità, se non nei limiti, strettamente tecnici, relativi alla sussistenza dei requisiti per lo svolgimento dell’attività funebre”. In buona sostanza, una querelle sulla differenza tra atto autorizzatorio e atto pubblico. Alla fine la Cassazione ha dato ragione ai difensori della Romito.
Si tornerà in aula a metà dicembre quando si dovrebbe entrare nel vivo del procedimento. Rischiano il processo l’ex sindaco di Manfredonia, Gianni Rotice, suo fratello Michele detto “Lino”, Michele e Raffaele Fatone, padre e figlio detti “Racastill”, Michele Romito, Angelo Salvemini, Giuliana Galantino e, appunto, Grazia Romito e Luigi Rotolo.
I Rotice sono accusati di corruzione elettorale, avrebbero chiesto voti a Michele Romito con la promessa di salvaguardare il ristorante “Guarda che Luna”.
Sui Fatone incombono numerose accuse, tutte riguardanti il predominio acquisito dai “Racastill” nell’azienda municipalizzata dei rifiuti “Ase” dove avrebbero aggredito e picchiato colleghi, sfruttato mezzi e oggetti della ditta e minacciato un manager.
Michele Romito e l’ex assessore ai Lavori Pubblici, Angelo Salvemini avrebbero fatto pressione sull’apparato amministrativo e politico di Manfredonia per evitare lo smontaggio del “Guarda che Luna”.
Grazia Romito, Rotolo e Salvemini avrebbero indotto in errore la tecnostruttura del Comune di Manfredonia per svolgere un servizio di attività funebre nonostante l’interdittiva antimafia a carico della Romito.
Infine, Galantino che, all’epoca segretaria comunale, avrebbe accettato la promessa di utilità da parte di Salvemini risolvendo il conflitto di competenza tra V e VI settore del Comune di Manfredonia sollevato dalla “Bar Centrale sas” (titolare del Guarda che Luna) in senso favorevole alle prospettazioni dell’ex assessore. In cambio Salvemini avrebbe redatto gratuitamente, in virtù della sua professione di avvocato, un esposto utile alla Galantino.