È lungo circa tre pagine il breve manoscritto di Gianluigi Troiano alias “U’ Minorenn”, 31 anni, da poche ore nuovo collaboratore di giustizia della mafia garganica. Il viestano, ex fedelissimo del boss Marco “Pallone” Raduano, 41 anni, anche quest’ultimo pentitosi, ha ricordato l’omicidio di Omar Trotta, il giovane assassinato all’età di 31 anni nella sua bruschetteria di Vieste il 27 luglio 2017 davanti alla propria famiglia, inclusa una neonata nel carrozzino. All’epoca, Troiano apparteneva al clan dei montanari Li Bergolis-Miucci, alleato al gruppo viestano di Girolamo Perna detto “Peppa Pig” (ucciso nel 2019), ma nel frattempo, tradiva il proprio gruppo spifferando notizie al clan Lombardi-Scirpoli-Raduano con il quale si affiliò di lì a poco.
Oggi Troiano è a processo a Foggia insieme al sanseverese Angelo Bonsanto, 35 anni, con l’accusa di aver preso parte all’agguato. Lui in qualità di basista, Bonsanto tra gli esecutori materiali. Raduano, Antonio Quitadamo e Danilo Della Malva, tutti collaboratori di giustizia, sono già stati condannati in primo grado, per questa vicenda, nell’ambito del processo “Omnia Nostra”. Raduano ritenuto mandante ha ricevuto l’ergastolo, 12 anni e 4 mesi al 48enne mattinatese Quitadamo detto “Baffino” e 11 anni al viestano Della Malva alias “U’ Meticcio”. Quitadamo avrebbe fornito un’arma ai killer, Della Malva si sarebbe occupato della logistica.
“Ho avuto un ruolo nell’omicidio di Omar Trotta – ha scritto Troiano -. Dovevo inviare un sms ai killer per confermare la presenza di Trotta nel suo locale in corso Cesare Battisti. In un precedente manoscritto già ho spiegato che nel periodo luglio 2017 ero ancora vicino al clan Miucci-Perna ma riferivo tutti gli spostamenti e pianificazioni del clan Miucci al clan Romito (oggi Lombardi-Scirpoli-Raduano dopo l’uccisione di Mario Luciano Romito nella strage di San Marco del 9 agosto 2017, ndr). Mi avevano chiesto di andare nel ristorante Trotta e verificare la sua presenza e mandare sms. Raduano mi disse che non volevano più aspettare, quindi avevano deciso di uccidere Trotta“.
Su indicazione di Raduano stesso, Troiano avrebbe recuperato foto di Trotta su Facebook. “Un paio di foto di Omar. Così feci e il giorno dopo mi vidi di nuovo con Raduano e li consegnai le foto in una busta lettera. Lui mi disse che sarebbero venute due persone per l’omicidio. Raduano sapeva già tutti i movimenti di Trotta dato che suo nipote Azzarone Liberantonio (detto “Antony”, pentitosi anch’egli, ndr) aveva lavorato come cameriere fino all’estate precedente all’omicidio. Giorno 27 luglio 2017, Raduano di prima mattina inviò un sms con un telefono che avevo con lui punto a punto. Mi disse di vederci e mi fece venire a prendere come era solito fare da M.M. e li diedi anche una pistola, una 9 automatica e la consegnai a M.. Andammo vicino al silos di Danilo Della Malva, c’era Raduano, Angelo Bonsanto e Raduano mi fece parlare con Bonsanto e mi fece ripetere dove si sedeva Omar e cosa ci fosse appena entrato dentro dalla porta laterale. Poi più in disparte c’era un’altra persona con il fisico differente a Bonsanto. Ricordo che aveva un cappello con la visiera e una borsa a tracolla. Ha parlato poco ma quando parlava aveva un forte accento foggiano. Si avvicinò a noi solo quando gli dissi che c’era Tommaso Tomaiuolo (uno dei bracci destri del boss Enzo Miucci, ndr), ancora fosse armato disse e io risposi di no”.
“Ritornai in paese e andai al ristorante di Omar e ci mettemmo a parlare fuori. Eravamo io, Trotta e Tommaso. Nel frattempo arrivò M.R., con uno scooter di colore nero e si mise in disparte con Trotta che lo informò che Raduano l’aveva minacciato e picchiato. Poi arrivò l’ora di pranzo e mi chiesero se rimanessi lì come facevo quasi tutti i giorni. Risposi di no perché la mia ex moglie era quasi al termine della gravidanza e stava male, quindi ordinai d’asporto e così li salutai e me ne andai a casa mia che è a 500 metri; inviai un messaggio a Bonsanto della presenza di Trotta e di uno come lui, cioè Tommaso e subito spezzai la scheda e spensi il telefono. Dopo 20-25 minuti circa da casa mia sentii gli spari, 3-4 e dalle mie telecamere vidi persone correre e urlare perché è una zona turistica e molto di passaggio. Aspettai qualche minuto e scesi di casa e andai al ristorante. Quando arrivai vidi Omar, ancora dava qualche respiro. Subito arrivò il fratello di Omar e mi disse ‘tu meglio che non entri’. Subito arrivò anche il suocero di Omar, così mi iniziò ad inviare sms Girolamo Perna e mi disse di incontrarsi e andare a San Giovanni a vedere le condizioni di Tommaso e così feci. Andai con Perna e mio padre a San Giovanni, ma una volta arrivati c’erano i carabinieri e quindi non entrammo e così incontrammo un cugino di Tommaso e lui ci informò delle sue condizioni fisiche, che era fuori pericolo e così andammo a Ruggiano e rimasi lì con Perna”. Prossima udienza del processo sull’omicidio Trotta a metà gennaio quando sarà sentito Raduano.