“Se la vita di Celeste stava riprendendo valore, non dovevamo permettere che venisse spezzata dalla mano omicida di un uomo che non voleva perdere il suo giocattolo su cui rivolgere le sue manie di possesso. Dopo anni di vessazioni e un tentato omicidio Celeste si affida alla giustizia che non mette in galera l’autore del tentato omicidio, ma emette una misura cautelare, di divieto di avvicinamento di pochi metri, 150, violato più volte e un braccialetto elettronico che non ha funzionato. Ancora una volta il sistema giudiziario non ha tutelato”. Così, attraverso una nota, il centro d’ascolto antiviolenza ‘Telefono Donna’ di Foggia in merito all’omicidio di Celeste Palmieri, la 56enne assassinata a colpi di arma da fuoco a San Severo (il fatto è accaduto ieri mattina e la donna è deceduta nel pomeriggio ndr) dal marito Mario Furio, di 59 anni, che poi si è tolto la vita. La coppia era in fase di separazione.
Stando a quanto emerso, la donna si sarebbe rivolta al centro antiviolenza di Foggia dal maggio scorso, dopo alcuni contatti con la cooperativa ‘Il filo di Arianna’. “Siamo anche stanche – dicono le operatrici di Telefono donna – di leggere e di sentire narrazioni che colpevolizzano la donna per non aver voluto essere messa in sicurezza, scelte che vanno rispettate perché sue e perché motivate. Celeste aveva fatto il suo percorso, era una donna e madre meravigliosa forte, coraggiosa, resiliente eppure è stata stroncata nella sua risalita. Nonostante l’attenzione e la cura verso queste donne di cui ci facciamo carico non potremo farcela da sole senza la mobilitazione di tutte le istituzioni, della comunità con incontri di confronto”.
“Se vogliamo veramente celebrare il 25 novembre (giornata internazionale dedicata alla lotta alla violenza contro le donne, ndr) – concludono – evitiamo passerelle e decidiamo concretamente cosa vogliamo fare tutto l’anno per cambiare la nostra cultura patriarcale ancora radicata, i nostri comportamenti, i piani di studio, le molteplici attività e prestazioni sociali, sanitarie politiche che vadano nella direzione della parità di genere e della prevenzione. Infine, e non certo per importanza, umilmente il sistema giustizia deve interrogarsi su come garantire realmente l’incolumità delle donne”. (Ansa)