All’udienza del 18 ottobre 2024 il gup di Foggia, Francesca Mannini, ha condannato Daniela Maggio alla pena di sei anni di reclusione per il tentato omicidio di Gianluca Piemontese, medico psichiatra in servizio presso il CSM di Cerignola, avvenuto il 6 dicembre 2023.
Alla donna è anche contestato il reato di stalking nei confronti dell’assistente sociale Deborah Di Federico, danneggiamento della sede, interruzione di pubblico servizio e resistenza a pubblico ufficiale. Il pm aveva chiesto una condanna a otto anni e otto mesi di reclusione. Oltre alle vittime, si è costituita parte civile anche l’ASL di Foggia.
La signora Maggio, tuttora detenuta in carcere, aveva chiesto di essere giudicata con rito abbreviato, condizionato all’espletamento di una perizia psichiatrica. Il perito nominato dal giudice, il dottore Elio Serra, ha ritenuto l’imputata capace di intendere e di volere al momento dei fatti.
Michele Vaira, avvocato difensore della principale vittima, lo psichiatra Piemontese, ha affermato: “La pena inflitta dal gup, severa ma giusta, è un segnale molto importante nell’attuale periodo storico. La cronaca delle ultime settimane narra, infatti, di ripetute aggressioni al personale medico e paramedico, che vive un vero e proprio stato di esasperazione. La risposta giudiziaria dimostra che episodi del genere non possono e non devono essere sottovalutati, o derubricati a momenti di frustrazione dell’utenza. La vicenda, in ogni caso, offre l’occasione di riflettere seriamente sulle condizioni di lavoro e di sicurezza degli psichiatri, che per loro natura affrontano quotidianamente, con scarsezza di risorse, situazioni di estrema complessità”.
L’imputata fu accusata di aver tentato di uccidere lo psichiatra con un coltello a serramanico. Maggio si recò al Csm dove aveva appuntamento con il medico ed una volta giunta sul posto sferrò più fendenti verso parti del corpo sede di organi vitali e al contempo profferendo frasi del tipo “Tu devi morire”,
“adesso tocca a te”, “ti devo uccidere”. Per gli inquirenti non ci riuscì solo per cause indipendenti
dalla sua volontà e per la strenua opposizione della persona offesa che con l’utilizzo di una sedia respinse i colpi. Ad aiutare il medico intervenne anche una guardia giurata.
L’assistente sociale, invece, venne molestata e minacciata, ritenuta dalla Maggio responsabile dell’allontanamento della figlia neonata. Atteggiamenti che provocarono nella vittima un perdurante stato di ansia ed un forte timore per la propria incolumità.