Continuano i pentimenti nel mondo della mafia italiana. Dopo quelli in provincia di Foggia, spunta un collaboratore di giustizia di spicco nella camorra, si tratta di Francesco Schiavone detto “Sandokan”, capo del clan dei casalesi, organizzazione criminale con contatti e affari anche in Capitanata.
Nato settant’anni fa a Casal di Principe, Schiavone è in carcere dall’11 luglio 1998, quando fu catturato in un bunker mentre era in compagnia della sua famiglia. Deve scontare diversi ergastoli.
Fu un altro pentito, Carmine Schiavone, nel 2013 ad accostare i Casalesi al Foggiano parlando dei traffici di rifiuti. “Il sistema era unico, dalla Sicilia alla Campania – spiegò agli inquirenti -. Anche in Calabria era lo stesso: non è che lì rifiutassero i soldi. Che poteva importargli, a loro, se la gente moriva o non moriva? L’essenziale era il business. So per esperienza che, fino al 1991, per la zona del Sud, fino alle Puglie, era tutta infettata da rifiuti tossici provenienti da tutta Europa e non solo dall’Italia”. Il sistema sarebbe stato adottato “nel Salento, ma sentivo anche parlare delle province di Bari e di Foggia”.
Il pentito raccontò che furono i boss Francesco Schiavone Sandokan e Francesco Bidognetti a gestire direttamente il traffico di rifiuti a Caserta, trattandolo come affare privato. “All’epoca tenevo ancora il relativo registro in cui figurava che per l’immondizia entravano 100 milioni al mese, mentre poi mi sono reso conto che in realtà il profitto era di almeno 600/700 milioni al mese. C’è qualche latitante che ha ancora le valigie piene di soldi, le ho viste io stesso; sono soldi fatti con i rifiuti e con altre attività, di nascosto”.
Ora, a queste ricostruzioni, potrebbero aggiungersi quelle di “Sandokan” in persona. C’è grande attesa per conoscere tutte le verità del neo pentito.