Sono racchiuse in 28 pagine le motivazioni della sentenza di condanna a 5 anni e 2 mesi per Francesco Cannone, 23enne di Carapelle. Il giovane è stato ritenuto responsabile, in primo grado, dell’omicidio stradale colposo di Camilla Di Pumpo, 25enne avvocata foggiana morta il 26 gennaio 2022 a causa dell’incidente tra la sua Fiat Panda e l’Audi A4 nera dell’imputato. Di Pumpo proveniva da via Urbano, Cannone da via Matteotti, zona centrale di Foggia.
Il gup Adriano Sicuranza ha ritenuto Cannone colpevole anche di fuga dal luogo dell’incidente e falso ideologico per essersi fatto “sostituire” da suo padre Michele che sarà processato a parte insieme ai due giovani, Rocco Curci e Simone Rendine che erano con il 23enne nel veicolo.
In seguito allo schianto, “la Fiat Panda – si legge – subiva una rotazione della parte anteriore di circa 270 gradi e, dopo aver traslato, collideva con la parte laterale posteriore destra del veicolo Toyota Aygo, parcheggiato in via Matteotti sul margine sinistro rispetto al senso di marcia del veicolo Audi A4. Nel contempo l’Audi continuava la propria corsa su via Matteotti collidendo i veicoli Citroen C4 e Mercedes classe A, parcheggiati regolarmente negli stalli di sosta posti lungo il margine sinistro di via Matteotti”.
Nonostante le responsabilità attribuite a Cannone, il gup ha stabilito un “concorso di colpa” così motivato: “Di Pumpo al momento dell’urto fatale non indossava la prescritta cintura di sicurezza che avrebbe potuto impedire al suo capo di sbattere (così) violentemente contro superfici dure dell’utilitaria”.
Inoltre, il giudice ha rilevato “la mancata osservanza”, da parte della vittima, “della cogente prescrizione di cui all’articolo 172, comma 1, C.d.S.”, ovvero “il mancato rispetto dell’obbligo di precedenza da parte sua”. “Non usava – è scritto in sentenza – la massima prudenza richiesta in base alle circostanze del caso concreto, transitando all’incrocio ad una velocità di 20 Km/h, quindi non assumendo in prossimità dell’intersezione stradale suddetta una velocità prossima all’arresto e non ottemperando all’obbligo di dare precedenza al veicolo proveniente da destra”. Infine, è stato considerato “l’irregolare parcheggio di altri veicoli a ridosso dell’intersezione dell’incidente mortale”.
Ma a pesare sull’esito drammatico dell’incidente è senza dubbio la velocità dell’Audi “registrata a 90 km/h” che ha reso il sinistro “inevitabile”. Per il gup “se l’indagato avesse mantenuto una velocità prudenziale di 30 km/h avrebbe avuto il tempo di reagire ed arrestarsi prima dell’impatto, evitando così l’urto. Ma purtroppo il Cannone conduceva il suo veicolo ad una velocità di circa 90 km/h!”.
In sentenza si cita anche l’autodenuncia di Cannone del 4 febbraio successivo. Il giovane disse di essere il conducente dell’Audi e di aver telefonato al padre in preda allo shock e al terrore per quanto accaduto. “Appena giunto sul posto mio padre disse ‘Francesco prima di dire che eri tu alla guida della macchina aspettiamo di capire chi sono i parenti della ragazza, perché ho paura ancora sono dei pregiudicati e possano prendersela con te, lascia fare a me’“.
Per Cannone non sono state considerate le attenuanti generiche anche a causa della sua attività sui social. Il giovane aveva postato più volte le sue “bravate alla guida di autoveicoli (da evidenziare che il padre è titolare di una rivendita di automobili) con cui raggiungeva – è riportato sempre in sentenza – velocità assolutamente non in linea con i limiti codicistici, come quelle di 253 km/h (video dell’Audi A4 caricato su TikTok dal profilo ‘autolavaggio cars’ e commentato con la frase ‘sempre e solo top 10 francescocannone47’), e finanche di 260 km/h (come da video su whatsapp)”.
Oltre ai 5 anni e 2 mesi, Cannone è stato condannato al pagamento in favore delle costituite parti civili di provvisionali immediatamente esecutive che si quantificano in 50mila e 80mila euro in favore dei parenti della vittima.
Michele Sodrio, avvocato dell’imputato, ha già annunciato appello: “Il riconoscimento dell’aggravante della fuga non esiste – il commento del legale -. Lo dimostrano anche i tabulati del suo cellulare. E poi sul falso ideologico, lui non ha mai rilasciato dichiarazioni e non ha mai preso accordi con il padre. Si è trattato di una iniziativa sbagliata e sballata presa dal padre stesso che era convinto di tutelare il figlio in questo modo. Dunque il reato di falso non esiste. Farò ricorso”.