La rete criminale di Raduano, boss in fuga dalla giustizia. Ecco i contatti che possono garantirgli la latitanza

Alleanza con foggiani, garganici e mala della Bat senza dimenticare i criminali sardi. Il potere del boss viestano emerso nelle ultime inchieste e nei racconti dei pentiti

È ampia la rete criminale di Marco Raduano, 39enne boss di Vieste, noto con i soprannomi “Pallone” o “Woolrich”. Un tempo veniva definito anche “Faccia d’Angelo” per i suoi lineamenti gentili, ma l’espressione sembra ormai in disuso stando alle recenti inchieste sul capomafia. Raduano, al vertice della frangia viestana del clan garganico Lombardi-Scirpoli, è ricercato in tutta Italia, in particolare in Sardegna e lungo le coste tirreniche e adriatiche. Non si esclude che possa aver persino raggiunto il suo Gargano sfruttando le ore di buco tra la fuga dal carcere e l’allarme.

“Pallone” è oggi latitante ed è tra i maggiori criminali ricercati dopo la clamorosa evasione dal penitenziario Badu e Carros di Nuoro dove era rinchiuso in regime di Alta Sicurezza, forse in predicato di finire – presto o tardi – al 41bis, carcere duro. E già, perché Raduano non solo stava scontando 19 anni di reclusione in via definitiva per narcotraffico aggravato dalla mafiosità (operazione “Neve di Marzo”), ma è anche sospettato di aver preso parte agli omicidi di Giuseppe Silvestri e Omar Trotta e al tentato omicidio di Giovanni Caterino, basista della strage di San Marco in Lamis.

Per la morte di Silvestri è già stato condannato in appello all’ergastolo Matteo Lombardi, 52enne capo dei Lombardi-Scirpoli mentre per l’uccisione di Trotta ci sono 5 indagati tra cui Raduano e il suo braccio destro Gianluigi Troiano, 30enne detto “U’ Minorenn”, “il nano” o “il piccolino”. Anche Troiano è latitante, sparito dai radar nel dicembre del 2021. Poco tempo dopo venne intercettato all’ex Onpi di Foggia ma riuscì a svignarsela.

Riguardo a Caterino, “Pallone” avrebbe fatto parte del commando che la mattina del 18 febbraio 2018 provò ad ammazzarlo per vendicare il vecchio boss Mario Luciano Romito, principale obiettivo della mattanza sammarchese. Per questa vicenda è stato condannato a 12 anni di reclusione Massimo Perdonò alias “Massimino”, membro dei foggiani Moretti.

Secondo recenti risultanze investigative e stando al racconto dei pentiti del clan di Raduano, il boss viestano avrebbe agito insieme a Lombardi per ammazzare, il 21 marzo 2017, il montanaro Giuseppe Silvestri detto “l’Apicanese”, membro dei Li Bergolis-Miucci-Lombardone. La vittima venne giustiziata all’alba sulla strada panoramica di Monte Sant’Angelo, nella giornata contro le mafie. Sempre in base a quanto riferito dai collaboratori di giustizia, Silvestri venne eliminato per vendicare l’assassinio di Gianpiero Vescera, cognato di Raduano. Anche l’agguato a Trotta, ucciso in un locale, sarebbe riconducibile allo stesso movente ma a riguardo è tuttora in corso un procedimento penale. Questi episodi di cronaca avrebbero cementato il rapporto tra Raduano e il gruppo Lombardi-Scirpoli attivo tra Manfredonia, Macchia e Mattinata.

Ora che è fuori, Raduano potrebbe contare su una rete di fiancheggiatori: sono noti i suoi legami con il clan foggiano Moretti-Pellegrino-Lanza, ma avrebbe contatti anche con malavitosi di Orta Nova e della Bat, in particolare con il gruppo Gallone-Carbone. Inoltre, non si esclude che abbia allacciato rapporti con criminali sardi proprio nel carcere di Nuoro.

Sono altrettanto conosciuti agli inquirenti i suoi affari con i cerignolani. Nelle carte di “Neve di Marzo” si parlava ampiamente del business della droga: “Raduano promuoveva, dirigeva ed organizzava l’associazione criminale”, ma soprattutto si “procurava da Cerignola lo stupefacente da smerciare a Vieste, a tal fine mantenendo i contatti con i soggetti fornitori e/o loro intermediari, anche interagendo con altre organizzazioni criminali (gruppi criminali cerignolani), procurando/individuando i mezzi per il trasporto dello stupefacente, coordinando i profili finanziari delle operazioni (come il prezzo della sostanza e i corrispettivi per i sodali), raccordandosi sistematicamente a livello operativo, per lo svolgimento di tali attività, con gli altri partecipi, inoltre stabilendo personalmente termini e modalità di realizzazione delle diverse operazioni di acquisto e distribuzione sul mercato viestano, ricoprendo, in sintesi, il ruolo apicale di promotore, organizzatore e capo dell’associazione”.

Insomma, un capoclan dall’indiscusso spessore criminale. Un boss che in passato è già stato latitante per circa 5 mesi e che riuscì anche a scampare ad un agguato. Il 21 marzo 2018, sempre nella giornata contro le mafie, i suoi rivali viestani del gruppo Iannoli-Perna, ormai azzerato, tentarono di ucciderlo ma senza riuscirci. Una vicenda per la quale vennero arrestati e poi condannati in appello a 14 anni e 6 mesi di carcere i cugini Claudio Iannoli detto “Cellin” o “Zanna” e Giovanni Iannoli alias “Smigol”. L’operazione venne denominata “Scacco al Re” e il re era proprio Raduano. Ora è cominciata una nuova partita.

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