Spaccio di droga e non solo tra Gargano e San Severo. L’operazione “Dea” di Procura di Foggia e Arma dei Carabinieri ha portato all’arresto di sette persone, si tratta di Nunzia Di Maggio, 43 anni, Gaetano Bocci, 41 anni, Nadir Carbonelli, 55 anni, Giuseppe Carbonelli, 28 anni, Stefania Pia Borda, 27 anni, Michele Soccio, 24 anni e Nazario Padulo, 38 anni, i primi sei residenti a San Giovanni Rotondo, il settimo a San Severo. Padulo, stando alle carte dell’inchiesta, sarebbe il fornitore della cocaina, contatto diretto del gruppo di San Giovanni Rotondo. L’uomo si sarebbe servito anche di un corriere della droga detto “Panzerotto” per riempire di “neve” la città di San Pio.
I militari hanno documentato diversi episodi di spaccio svelando i termini in codice degli indagati che parlavano della cocaina senza mai nominarla: “La televisione non esce se non porti i soldi”. Oppure “scendimi quattro birre a me”. E ancora: “Quanta birra? Sempre come prima”. “Mi riesci a scendere quattro conigli?”. “Scendimi due camicie”. La polverina bianca veniva definita anche “pupazzetti di neve”.
Nella lunga ordinanza cautelare, firmata dalla gip Bencivenga, emerge “il ruolo fondamentale” ricoperto da Nunzia Di Maggio, soprannominata la ‘Dea’, appellativo che dà il titolo al blitz dei carabinieri. La donna sarebbe “particolarmente attiva nel mercato della droga” e avrebbe “coordinato tutti i componenti della sua famiglia dando specifici ordini ad ognuno sulle modalità di spaccio, occupandosi in prima persona dei canali di approvvigionamento, nonché di ‘tagliare’ la droga che poi veniva immessa sul mercato di San Giovanni Rotondo”.
Ruolo importante – secondo gli inquirenti – sarebbe stato svolto anche da Nadir Carbonelli, ex marito della “Dea”, ben noto ai militari e con precedenti legati proprio al mondo degli stupefacenti. Anche i figli, compresa una all’epoca minorenne, avrebbero collaborato stabilmente nell’attività di spaccio coinvolgendo i rispettivi compagni o compagne conviventi.
Tra i reati contestati a Giuseppe Carbonelli e Gaetano Bocci spunta anche il tentativo di incendio dell’auto di un carabiniere. Dai filmati “è emerso – riporta l’ordinanza – come a commettere tale azione delittuosa sia stato proprio Carbonelli con la collaborazione di Bocci”, quest’ultimo accusato anche di evasione dagli arresti domiciliari. Carbonelli avrebbe agito dopo aver riempito di benzina una bottiglia di plastica. Ma nonostante abbia incendiato l’area attorno al veicolo, l’auto venne solo lambita dal rogo.
Stando all’impianto accusatorio, “le conversazioni intercettate, sia telefoniche che ambientali, nonostante l’uso di un linguaggio criptico o cifrato confermano le contestazioni provvisorie del pm. Durante le conversazioni, ricorrevano di frequente termini che non trovano una spiegazione plausibile e coerente con il discorso che veniva fatto in quel momento oppure veniva utilizzato un termine comune senza che tra gli interlocutori vi fosse un discorso, come quando in diverse telefonate fanno riferimento a birre, conigli o camicie. Ciò – sempre secondo gli inquirenti – appare ancora più evidente ove si tenga conto del fatto che spesso al termine della frase criptica o allusiva, gli interlocutori utilizzavano la frase ‘capito?’, proprio per avere conferma che avesse compreso il reale contenuto di quelle parole criptiche utilizzate”.
In conclusione, l’ordinanza pone nuovamente l’attenzione sui principali indiziati: “È emerso come il perno sia proprio Nunzia Di Maggio che funge da capo e provvede direttamente ad avere i contatti con i fornitori della droga, gestisce l’attività di taglio e di divisione in dosi della cocaina, presso la propria abitazione e presso l’abitazione di Stefania Borda e distribuisce le dosi tra i suoi familiari nelle due distinte abitazioni di via Piccinni e piazza Michelangelo, dove i singoli assuntori si recano di volta in volta per acquistarla”. Per gli inquirenti, la Di Maggio si sarebbe avvalsa della “collaborazione di Gaetano Bocci e Nadir Carbonelli i quali provvedono ad accompagnarla in alcune circostanze agli incontri con i fornitori o nel garage dove la droga veniva detenuta prima che venisse ‘tagliata’, nonché a cedere direttamente le sostanze stupefacenti”.