“Scuole di specializzazione fuorilegge”. L’ultimo focus di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera ha puntato il dito anche sull’Università di Foggia, segnalando Ostetricia e Urologia rispettivamente come “non a posto” e “retrocessa”. Non proprio una bella vetrina mentre si stanno ponendo le basi per il “grande polo” che tiene dentro la Bat, finalizzato a rendere il territorio più appetibile, visto che già da qualche tempo “si assiste all’arrivo di ragazzi anche dal Nord“, come riferito dal delegato dell’Unfg Beppe Carrieri. Proprio la sua scuola, Urologia, è stata bollata tra le 47 “retrocesse” perché “i requisiti sono stati persi da tempo”. “Non è affatto vero, siamo in accreditamento provvisorio e abbiamo già sopperito alle carenze che ci erano state indicate”, chiosa a l’Immediato.
Certo, l’emergenza Covid ha reso palese la necessità di specialisti formati adeguatamente in corsia. Peraltro, c’è sempre stata una penuria di giovani “soldati” negli ospedali pronti a colmare le lacune di personale con il vantaggio dell’azzeramento dei costi per le aziende sanitarie. Per questo, si è passati dai 7mila posti del 2018 (con 1.123 Scuole di specializzazione) ai 18 mila di adesso. Anche l’Università di Foggia ha raddoppiato il numero (saranno 180). “Per diventare chirurgo, ginecologo, pediatra, neurologo, ortopedico, dopo la laurea in Medicina bisogna fare 4-5 anni di scuola di specializzazione – scrive Gabanelli -. I requisiti richiesti sono: professori competenti, numero adeguato di tutor, laboratori attrezzati, reparti di degenza collegati alle scuole per garantire il tirocinio specifico con numero minimo di interventi chirurgici svolti. Questi standard sono stati definiti, per la prima volta, nel 2017 con un decreto voluto dalle allora ministre Beatrice Lorenzin e Valeria Fedeli. L’accreditamento può essere dato anche in via provvisoria alle Scuole che non hanno tutti i requisiti, a patto che garantiscano di mettersi in regola entro due anni con la presentazione di un piano di adeguamento (art. 8, d.l. 402/2017). Chi deve decidere chi ha i requisiti e chi no è l’Osservatorio nazionale della formazione sanitaria specialistica (istituito nel 1999), e che dipende dal ministero dell’Università”.
La classifica dei “peggiori” per l’ateneo foggiano è stato un pugno nello stomaco. “Sono notizie palesemente false – dichiara Carrieri, recentemente nominato a capo della società italiana di Urologia -, abbiamo un accreditamento provvisorio, perché c’era la necessità di adeguare la rete formativa. Ora abbiamo adempiuto alle carenze con l’inserimento di diverse strutture: l’ospedale Bonomo di Andria, il Tatarella di Cerignola e il Santa Maria di Bari. Verremo rivalutati tra un anno e sono sicuro che non ci saranno problemi. Si è trattato solo di questioni burocratiche. Sulla Ginecologia siamo in accreditamento provvisorio per via della numerosità dei docenti, abbiamo risolto con l’ingresso di due professori”. Poi rincara la dose: “A noi interessa il giudizio dei ragazzi, sono tutti contenti – concliude -, la media delle valutazioni sul territorio nazionale è di poco superiore al 6, noi viaggiamo su una media di gradimento di 7,5, Urologia compresa”.