L’ex giudice Giuseppe De Benedictis avrebbe custodito armi anche per conto di clan mafiosi pugliesi. Emerge dalle carte dell’inchiesta della DDA di Lecce che nelle scorse ore hanno portato all’arresto bis del magistrato. Risale a ieri l’ultima misura cautelare a carico di De Benedictis per traffico di armi, anche da guerra. L’ex gip è già in carcere per corruzione in atti giudiziari, coinvolto nello scandalo mazzette al tribunale di Bari dove avrebbe intascato soldi per scarcerare boss e picciotti della mafia barese e foggiana. In questa operazione è stato arrestato anche il viestano Danilo Della Malva detto “U’ meticcio”, elemento di spicco del clan Raduano. L’uomo potrebbe presto intraprendere una collaborazione con la giustizia.
Nell’ordinanza bis firmata dalla gip Giulia Proto si legge: “È di fondamentale importanza l’accertamento in merito sia alla provenienza delle armi sia alla possibile detenzione delle armi anche per conto di soggetti terzi, appartenenti a persone orbitanti nell’ambito della criminalità organizzata locale”. Parlando al telefono con il caporal maggiore capo scelto dell’Esercito italiano Antonio Serafino (arrestato nello stesso procedimento), De Benedictis il 22 aprile disse di “temere che un eventuale rinvenimento dell’ingente materiale avrebbe smascherato la provenienza delle armi perché, come dice testualmente l’ex giudice, ‘risalgono a chi non devono’. Quanto captato in questa conversazione depone in tal senso”, con riferimento alla possibile detenzione dell’arsenale per conto della malavita organizzata.
Un particolare allarmante è stato riportato da Repubblica in queste ore: la notte di Capodanno De Benedictis avrebbe sparato con fucili e lanciarazzi della Marina in mezzo al paese. Su quelle armi, gli inquirenti non hanno dubbi: erano inserite “in circuiti delinquenziali anche transnazionali della criminalità organizzata considerato che molte delle 193 armi, detenute nella masseria dell’imprenditore Antonio Tannoia ad Andria, avevano matricola abrasa”.