In attesa degli altri interrogatori di garanzia, vengono fuori nuovi dettagli dalle carte dell’inchiesta che ha portato all’arresto dei consiglieri comunali, Leonardo Iaccarino e Antonio Capotosto, quest’ultimo definito dal collega della maggioranza, Consalvo Di Pasqua un “monaco cercante”. Nell’ordinanza del gip Antonio Sicuranza, sono riportate numerose intercettazioni, tra le quali alcune captate nell’auto di Iaccarino tra l’ex presidente del Consiglio comunale e Di Pasqua. Al centro della questione c’era il tentativo di ottenere una tangente dall’imprenditore D’Alba per sbloccare un debito fuori bilancio di 20mila euro. Secondo gli inquirenti, Iaccarino avrebbe preso l’iniziativa istigando Capotosto ad avanzare la richiesta di denaro all’imprenditore. “Vai là e dì te lo faccio fare immediatamente non subito… devi dire immediatamente te lo faccio portare” (ovviamente portare all’ordine del giorno del Consiglio comunale).
“Il delitto in esame – si legge – è rimasto allo stadio di tentativo, giacché l’accapo relativo agli interessi della società cooperativa (riconducibile a D’Alba, ndr) è stato votato dal Consiglio comunale di Foggia nel corso della seduta del 15 febbraio 2021″, con Iaccarino, rimasto “a bocca asciutta” e che avrebbe cercato “di addebitare al solo Capotosto la responsabilità dell’avvicinamento al D’Alba del 27 novembre 2020”.
Il richiamo delle orecchiette
Eloquente la conversazione tra Iaccarino e Di Pasqua; quest’ultimo definì espressamente Capotosto “monaco cercante”, “facendo evidente riferimento – scrive il gip – alla notoria mercificazione della sua carica politica”. Secondo chi indaga, Iaccarino non avendo ottenuto la tangente dall’imprenditore, non votò in assise. “Si è volontariamente sottratto (ovviamente per evidente ritorsione nei confronti del D’Alba) alla relativa votazione – riporta l’ordinanza -, adducendo come banalissima scusa quella di aver avuto un improvviso attacco di fame, giacché lo Iaccarino, discutendo con Di Pasqua, ad un certo punto esclama testualmente: ‘Mia moglie aveva preparato le orecchiette nel coccio di creta là…. che pensavo più ai debiti fuori bilancio… avevo una fame Consalvo!’; al riguardo non vi è necessità di spendere ulteriori parole per evidenziare come appaia evidente il richiamo, con l’utilizzo della locuzione ‘debiti fuori bilancio’, all’accapo appena votato relativo agli interessi della società cooperativa”.
Non denuncia “perché vi voglio bene”
Un comportamento – quello di Iaccarino – che sarebbe scaturito dal rifiuto dell’imprenditore di scendere a patti con lui e Capotosto. Ma va analizzata anche un’altra intercettazione, quella intercorsa tra i politici dopo il tentativo di Capotosto di avvicinare D’Alba. “Dall’esame del colloquio intercorso tra Iaccarino e Capotosto, una volta rimasti soli – riporta il gip -, si deduce che D’Alba aveva ben inteso il contenuto della pretesa corruttiva proferitagli da Capotosto, tanto da dire allo Iaccarino che sarebbe dovuto andare a denunciare la vicenda, ma che non l’avrebbe fatto ‘perché vi voglio bene’, e lo Iaccarino (mostrando ancora faccia tosta) gli risponde: ‘No Miché, tu non fai il piacere a nessuno, ho detto io, che me ne frega a me’“.
Infastidito dai modi
“L’osservazione del Capotosto allo Iaccarino (‘qui la zuppa la prendiamo’) offre il riscontro certo che la pretesa corruttiva sarà comunque coltivata nei confronti del D’Alba – scrive il giudice Sicuranza -. In ogni caso – prosegue – attesa l’evidente richiesta formulata dal Capotosto, su mandato di Iaccarino, a D’Alba del pagamento di ‘dieci-venti’ per portare all’ordine del giorno del consesso consiliare la questione del pagamento del credito, proposta come visto non accettata dal D’Alba, più che altro innervositosi per le modalità della richiesta stessa, rende il delitto già sussistente nello stadio del tentativo”.
Difatti, l’imprenditore si incontrò con Iaccarino manifestando il proprio rammarico “in relazione alle modalità della richiesta” avanzata precedentemente da Capotosto: “Io sono disponibile con tutti però è come si chiedono le cose che mi dà fastidio. E poi – rivolgendosi sempre a Iaccarino – disse: ‘mi sono meravigliato che tu non hai chiamato direttamente a me’”. E l’ex presidente del Consiglio comunale ribatté: “E che tengo bisogno?”. A parere del giudice “la locuzione usata da Iaccarino confessa in pieno la natura della richiesta avanzata poco prima, su suo espresso mandato, da Capotosto all’imprenditore, giacché è evidente che solamente chi ha bisogno richiede, in genere, del denaro”. Ma l’imprenditore espresse il suo rammarico anche per un altro motivo: “Allora Tonino (Capotosto) che ci siamo visti, siamo cresciuti a Candelaro, invece di dire, poteva dire vedi che ti do una mano, c’è, hai capito! Allora”.