Finanziamenti per 16 milioni alla batteria Delli Carri, costola del clan Sinesi-Francavilla. Il gruppo criminale, sgominato nel blitz di ottobre scorso “Grande Carro“, era retto dai fratelli Franco detto “il malato” (48 anni) e Donato Delli Carri (51 anni), quest’ultimo condannato in via definitiva a 27 anni di galera per l’omicidio dell’imprenditore Giovanni Panunzio, ucciso nel 1992 per non essersi piegato ai voleri della “Società Foggiana”. I Delli Carri sono nipoti di Roberto Sinesi, uno dei boss mafiosi più influenti nella storia della criminalità del capoluogo dauno, attualmente detenuto a Rebibbia al 41 bis, carcere duro. Franco e Donato Delli Carri si trovano invece, rispettivamente, a Voghera e Nuoro. C’è poi il cugino Aldo Delli Carri detto “Gianni” (in cella ad Avellino), imprenditore agricolo che sarebbe riuscito ad ottenere finanziamenti regionali a dir poco imponenti.
Nelle scorse ore l’inchiesta si è chiusa con l’avviso di conclusione delle indagini (pm Giorgio e Manganelli della DDA): stralciate alcune posizioni, gli indagati sono scesi da 53 a 41. Per una parte dei professionisti e dipendenti coinvolti è caduta l’aggravante di aver favorito la batteria mafiosa. Scarcerato, inoltre, l’avvocato foggiano Michele Pio Gianquitto (per lui obbligo di dimora), accusato di associazione mafiosa, mentre resta in carcere a Melfi l’imprenditore agricolo Antonio Ippedico. Quest’ultimo è ritenuto uno degli “organizzatori” dell’associazione. L’uomo avrebbe messo a disposizione le proprie competenze nel settore agroalimentare. Poi, con i sodali Antonio Andreano e lo stesso Aldo Delli Carri – e in concorso con un funzionario della Regione Puglia – incaricato dell’istruttoria delle domande di aiuto, con artifici e raggiri consistiti nel simulare la sussistenza dei presupposti necessari per fruire degli aiuti economici comunitari, avrebbe indotto in errore l’organo erogatore AGEA, procurando un ingiusto profitto per sé e per l’organizzazione mafiosa d’appartenenza. Inoltre, Aldo Delli Carri vantava “sponde” politiche. Nelle carte dell’inchiesta emerse che l’uomo presentò un progetto per un finanziamento pari a 1.200.000 euro alla Regione Puglia, presso cui “avevano” entrature fiduciarie, attesa l’amicizia con l’allora consigliere della Regione Puglia, Lonigro.
“Grande Carro” tirò in ballo anche altri nomi di rilievo della criminalità foggiana come Luciano Cupo che aveva funzioni di raccordo con i Sinesi-Francavilla e Cristoforo Aghilar, killer dell’ex suocera, latitante per cinque mesi dopo l’evasione del 9 marzo 2020 dal carcere di Foggia. Aghilar aveva un ruolo operativo all’interno dell’organizzazione.
Per anni la batteria Delli Carri, grazie all’aiuto di una schiera di colletti bianchi, avrebbe dunque intascato fondi europei presentando documentazione farlocca di investimenti mai fatti. Piuttosto i mafiosi optavano per macchinari obsoleti acquistati nell’est Europa. Stando a quanto riportato da la gazzetta del mezzogiorno, la Regione sapeva delle irregolarità dal luglio 2018, eppure aveva lasciato che i suoi funzionari continuassero ad effettuare verifiche poi ritenute irregolari: il saldo dei pagamenti a una delle coop di Ippedico fu bloccato, ma solo perché i carabinieri informarono l’Agea. I procedimenti disciplinari sono partiti da poco, mentre sono in corso le cause civili e amministrative per il recupero dei contributi pubblici. I sequestri penali hanno trovato pochissimo: secondo fonti della Regione – si legge su gazzetta – il ‘buco’ sarebbe di 30 milioni.
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