Uno dei racconti più scioccanti è quello di Angela Cortese. Il padre, Francesco, positivo al Covid, la notte tra l’1 e il 2 novembre aveva fatto il suo ingresso all’ospedale Moscati di Taranto. Dal suo ricovero al giorno seguente, l’uomo, 78enne, è rimasto in contatto con la famiglia attraverso il telefonino. Ma ciò che ha comunicato in quelle ore ha allarmato tutti: “Venitemi a prendere, qui muoio”. Il 3 mattina, la donna, avvocato, parla con un medico che si trova nell’Auditorium dove il padre era stato sistemato. “Suo padre non collabora, non vuole mettersi la maschera Cpap, fra dieci minuti morirà, preparatevi!”. La donna racconta di urla, di una sorta d’aggressione al telefono.
“Ci sentiamo piombare addosso d’improvviso queste parole terribili – spiega -, quel medico sembrava una bestia inferocita, contro di noi e mio padre. Ho avuto solo la forza di chiedere della saturazione e per tutta risposta ho ricevuto altre urla: non c’è saturazione, vedrete che fra poco muore!”. Cortese domanda se il padre fosse lucido, se stesse lì vicino. “Sì è qui, è qui, mi sta ascoltando, fra poco morirà!”. La donna assiste in questo modo alla sua fine. “Neanche i veterinari con i cani si comportano in questa maniera”, aggiunge, sottolineando come “non gli è stata somministrata nessuna terapia, solo ossigeno, solo la Cpap”. Affermazioni, quelle di Cortese, che dovranno trovare riscontro nella cartella clinica richiesta all’ospedale e nelle indagini che la procura ha avviato per diversi altri casi di morti nel presidio sanitario a Nord del rione Paolo VI.
Le inchieste
I procedimenti sono più d’uno, fanno seguito alle denunce dei parenti, ma sono volti anche a verificare la corretta osservanza delle misure precauzionali sanitarie da parte della dirigenza ospedaliera. Il sospetto è che l’organizzazione, le attrezzature e il numero del personale tra ottobre e novembre non fossero adeguati ad affrontare la seconda ondata della pandemia, lasciando spazio all’improvvisazione, a Operatori socio sanitari utilizzati come infermieri e personale sotto stress, portando a gravi mancanze.
Al di là del lavoro della magistratura, sono almeno sette gli episodi che riguardano degenti del Moscati morti dopo giorni nei quali sarebbero venute a mancare assistenza e condizioni di ricovero adeguati, oltre che telefoni e oggetti di valore, come fedi e collane, non restituiti ai parenti. Su questi ultimi episodi l’Asl ha diffuso una nota nella quale smentisce che ci possano essere stai dei furti, ma fa emergere anche una scarsa comunicazione tra l’organizzazione del presidio e gli stessi operatori. “Nelle singole unità operative coinvolte nei percorsi assistenziali di presa in carico – scrive l’Asl – sono custoditi e repertoriati numerosi piccoli oggetti di valore ed altri effetti personali. (fonte Repubblica Bari)