“Aveva freddo, gli prestai il giubbotto. Andò a fare pipì e non lo vidi più”. È quanto riferito da Raffaele Tavaglione, 40enne peschiciano, indagato per la morte di Michele Mastromatteo, trovato cadavere nelle campagne del Gargano lo scorso 11 ottobre. Lunedì scorso l’autopsia ma bocche cucite sull’esito. Il deposito con i risultati dell’esame è previsto tra circa 60 giorni.
Intanto, gli inquirenti scavano nelle ultime ore di vita della vittima. Che fine ha fatto il giubbotto dell’amico? L’agricoltore che ha trovato il corpo di Mastromatteo ha riferito che “aveva soltanto i pantaloni. E c’era un cassone sopra al cadavere”. Qualcuno ha provato a nasconderlo?
Il 25 settembre scorso, Michele e Raffaele dovevano uscire per una pizza che in realtà non avrebbero mai mangiato. “Siamo andati a Termoli, poi ci siamo fatti un giro, non avevamo appuntamenti. Poi Michele mi chiese di rientrare a Peschici; non ne capii il motivo in quanto eravamo appena arrivati”.
Altra stranezza di quella sera, la vittima non aveva con sé il cellulare, rimasto a casa. Di rientro da Termoli, i due avrebbero fatto una sosta in un autogrill per cappuccino e brioche. Poi sarebbero ripartiti percorrendo la strada a scorrimento veloce. Ad un certo punto Mastromatteo – stando al racconto di Tavaglione – avrebbe chiesto all’amico di fermarsi per una pipì. Si sarebbe impossessato delle chiavi dell’auto e avrebbe chiesto in prestito il giubbotto per ripararsi dal freddo. In seguito, si sarebbe allontanato per espletare il bisogno fisiologico. “Sono affranto e mortificato ma non so nulla. Da quel momento ho perso le tracce del mio amico. Una persona a cui tenevo”, ha detto Tavaglione a Chi l’ha visto?.
Il 40enne non chiamò i carabinieri, bensì un conoscente per farsi raggiungere e accompagnare a casa, non potendo utilizzare l’auto in quanto sprovvisto delle chiavi. “Pensavo che Michele mi avesse voluto fare uno scherzo. Mi sembrava una bravata”.
Invece l’uomo scomparve nel nulla, ritrovato morto soltanto 20 giorni dopo, a circa tre chilometri dal luogo dove l’amico dice di averlo perso di vista. Riconosciuto soltanto dai documenti.
Ma i parenti della vittima non credono a questa versione, né tantomeno alla storia del giubbotto. “Impossibile che un maniaco della pulizia come mio fratello abbia chiesto un indumento in prestito”, ha commentato a Rai 3 la sorella. “Inoltre indossava un cardigan sulle spalle”.
Il movente
Fitto mistero anche sul movente del presunto omicidio, forse legato ad una vendetta per motivi passionali. Michele Mastromatteo, detto “Mex”, dipendente di un ingrosso di bevande, aveva una grande passione per il Brasile dove si recava spesso e dove aveva trovato l’amore. La fidanzata si sarebbe dovuta trasferire sul Gargano proprio per vivere con lui. “Mex” si era anche prodigato per trovarle un lavoro in un bar ma il lockdown fece saltare i piani.
Secondo i ben informati, Mastromatteo e Tavaglione avrebbero litigato qualche mese fa, per via di alcune presunte attenzioni “virtuali” dell’amico nei confronti della ragazza. Ma Tavaglione nega. Incomprensioni che sembravano comunque superate, tanto che i due erano tornati a frequentarsi. Ma per la famiglia della vittima, “Mex” sarebbe stato ucciso per questioni sentimentali. Più defilato, ma non da escludere, il sospetto che l’omicidio si sia consumato nel mondo del traffico di droga. Carabinieri e Procura di Foggia lavorano alacremente per risolvere l’intricato mistero di “Mex”.