“Credo nella giustizia, ma non sempre nelle persone. Ed il problema nasce quando ad emettere giudizi sono le persone, magari quelle stesse che vanno a cena con gli onorevoli che cercano in tutti i modi di fare fuori il sottoscritto, politicamente parlando”. Inizia così il duro atto di accusa dell’ex sindaco di Manfredonia, Angelo Riccardi che, tra le righe, agita fango e alimenta la cultura del sospetto, attraverso allusioni pesantissime. Di chi parla? Perché non fa nemmeno un nome?
Il politico sipontino, ritenuto “incandidabile” in primo grado dal Tribunale di Foggia, dopo lo scioglimento per mafia dell’ente da lui amministrato fino ad un anno fa, parla di “massacro” nei suoi confronti, “costruito ad arte – scrive – per poter eliminare un soggetto evidentemente scomodo. L’ultimo atto è lo scioglimento del Comune di Manfredonia per mafia. Un marchio che la nostra città si porta dietro e che è stato determinato, con molta probabilità, semplicemente per mettere in un angolo Angelo Riccardi. Nella relazione che ha determinato lo scioglimento, si parla di interdittive antimafia nei confronti di alcune società di Manfredonia”. L’ex sindaco evidenzia come tutte siano poi tornate ad operare dopo battaglie legali e ricorsi, ma dimentica che si tratta di imprese attualmente sub judice, sotto una procedura di controllo al vaglio dell’autorità giudiziaria che darà esiti tra almeno uno o due anni. Inoltre, tralascia totalmente l’imbarazzante rapporto tra il suo vicesindaco e l’affiliato ad un clan mafioso e i rapporti ambigui intrattenuti da ex assessori e consiglieri comunali. Vicende raccontate ampiamente nella relazione del prefetto di Foggia, Raffaele Grassi. Ma secondo Riccardi, “alla fine della fiera, gli elementi cardine su cui poggiava la farraginosa relazione che ha portato allo scioglimento del Comune di Manfredonia per mafia sono stati demoliti”.
“Paradossalmente – continua Riccardi nel suo lungo sfogo – anziché rivedere il dispositivo, a me è arrivata l’incandidabilità e sulla città continua ad aleggiare il marchio infame”. Nel mirino anche i commissari straordinari, “chiamati a svolgere un lavoro di ‘bonifica’ che non hanno mai cominciato e non potranno mai cominciare, perché non c’è nulla da bonificare. E nessuno ne parla. Tutto va bene. Credo nella giustizia, ma forse qualcuno dovrebbe cominciare a fare qualche verifica su chi si è occupato e si sta occupando della vicenda Manfredonia. E magari ci si dovrebbe interrogare del perché un onorevole (qualche suo ex amico di partito? ndr) sta cercando di far inserire il sottoscritto anche nella lista degli ‘impresentabili’, poiché ex sindaco di un Comune sciolto per mafia. Mentre è noto a tutti che con la presentazione delle liste saranno in tanti, sia nel centrodestra che nel centrosinistra, i candidati impresentabili secondo il codice di autoregolamentazione disposto dalla commissione antimafia”.
Per Riccardi “un modus operandi che merita una riflessione. Certa gente non può vantare nessuna iniziativa a favore della nostra città e da sempre campa vergognosamente senza nessun consenso elettorale, ma grazie alle congiure di palazzo e con i ‘paracaduti’ del capo corrente di turno di cui sono al servizio di volta in volta, si liberano degli avversari prima di una competizione elettorale, sapendo bene che altrimenti sarebbero ridicolizzati. Fare terra bruciata intorno ad una persona per eliminarla in quanto ritenuta politicamente scomoda: ecco, forse il verso comportamento mafioso è questo”.
Poi conclude: “Credo nella giustizia, ma vorrei che anche la giustizia cominciasse a credere in me e a fare un po’ di luce su questa vicenda ormai diventata paradossale”. (In alto, Riccardi e il prefetto di Foggia, Grassi; sullo sfondo, Manfredonia)