Il Policlinico Riuniti di Foggia è diventato ufficialmente una polveriera. Preoccupa l’aumento di casi di coronavirus nei reparti non Covid dell’ospedale. Dopo i contagi in Medicina universitaria e la chiusura del reparto di Medicina interna, ecco che in queste ore giunge notizia di un medico rianimatore trovato positivo al Covid-19. Per fortuna le sue condizioni non preoccuperebbero, ma è stato subito sottoposto a quarantena obbligatoria.
L’anestesista, in servizio in rianimazione “non Covid”, avrebbe fatto consulenza su un paziente ritenuto non contagiato, in uno dei reparti colpiti. Così avrebbe contratto la malattia.
Intanto, dal policlinico giunge il grido di dolore degli operatori sanitari che anche attraverso i giornali fanno sapere di non sentirsi protetti. “Fate capire che l’ospedale è il posto meno sicuro in questo momento”, parole dure, allarmanti e che gettano ombre sulla gestione dell’emergenza al Riuniti di viale Pinto.
Nelle ultime ore, si moltiplicano gli interrogativi dei cittadini cha attraverso i social pongono interrogativi e chiedono maggiore chiarezza alla direzione generale del policlinico. “Gli OSS in servizio – si legge in un post – lamentano di non avere dispositivi di protezione individuale adeguati, raccontano che sarebbe stato consigliato loro di fare il giro letti mantenendo la distanza di un metro dai pazienti ricoverati per altre patologie. Sarebbe questa la soluzione?
Lo raccontano ai giornalisti, perché preoccupati per se stessi, per i propri cari, per i colleghi e i per i pazienti. Non si sentono tutelati, hanno paura. Chi può dare loro torto?
Raccontano che, a marzo, in molti hanno avuto contatti “non sicuri” con una donna ricoverata in un reparto “normale”, poi trasferita a “Casa Sollievo”. Proprio a San Giovanni Rotondo, la signora sarebbe morta per Covid. In quanti erano entrati in contatto con lei tra operatori, pazienti, parenti? Secondo quanto riportano gli OSS, molti non sarebbero stati nemmeno avvisati.
E poi, il caso del povero anziano della Fondazione “Palena”. Leggo che il 2 aprile è stato trasferito dalla RSSA al Riuniti per problemi respiratori; tamponato il 4 e il 7 aprile è risultato negativo; dimesso il 20 aprile (senza tampone?) è stato riportato alla “Palena”, perché “stabilizzato e curabile” a domicilio. Dopo due giorni, è stato riaccompagnato al Pronto Soccorso: ora è diventato positivo. Cosa è successo davvero; chi può spiegarlo ai parenti degli altri anziani, terrorizzati che si ripeta quanto accaduto in alcune strutture del nord?”.
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E ancora. “Sarebbe utile, a questo punto, che la direzione del Riuniti facesse una conferenza stampa, rispondesse alle domande dei giornalisti. Zoom, Skype, ci sono tanti modi.
I comunicati “somministrati”, con ricostruzioni incomplete (l’infermiere in rianimazione non dimentichiamolo), non danno risposte a tutte le domande dei cittadini.
Quanti foggiani non possono rinunciare alle cure – i pazienti oncologici, ad esempio – e affrontano, ogni volta, rischi e paura per sopravvivere? Quanti foggiani stanno rinunciando alle cure per paura? E non per colpa di medici, infermieri, OSS che stanno combattendo per salvare vite. A loro va la nostra vicinanza e gratitudine, grande rispetto. A loro sta andando il nostro sostegno, in tutte le forme che la solidarietà conosce. Ma ora qualcuno ci dica cosa sta accadendo davvero al Policlinico “Riuniti” di Foggia, se ne assuma la responsabilità. È il nostro ospedale, sono i nostri concittadini. È un nostro diritto”.