Era il 50enne Giuseppe Bergantino di Manfredonia il “ras” dell’organizzazione criminale che sversava rifiuti pericolosi (anche amianto) sul Gargano. Il blitz “Black Cam” di carabinieri e DDA ha scoperchiato un sistema illecito ben collaudato. Tutto è partito dalle indagini sulla strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017, vero spartiacque della storia criminale della provincia di Foggia.
Dalle carte dell’inchiesta, gli investigatori sono risaliti ai traffici di rifiuti pericolosi, seppelliti in area protetta del Parco del Gargano per evitare i costi di smaltimento. Bergantino aveva persino il progetto di costruire un agriturismo sulla superficie dove era stata interrata la monnezza.
I ruoli degli arrestati
Nell’ordinanza cautelare di 24 pagine firmata dal gip, Francesco Agnino emergono i ruoli di tutte le persone coinvolte nel blitz. Sei gli arrestati, oltre a Bergantino, ci sono Loredana De Filippo 48 anni nata a Copertino e residente a Posta del Fosso, Antonia Esposto, 83 anni di Manfredonia, Antonio Mastromattei, 58 anni di Manfredonia, Lorenzo Rocco Silvestri 62 anni di Vico del Gargano, Michele Silvestri, 31 anni di San Severo ma residente a Manfredonia, Francesco Rinaldi, 56 anni di Monte Sant’Angelo residente a Manfredonia e Angelo Pio Rinaldi, 51 anni di San Giovanni Rotondo residente a Manfredonia. “Lorenzo Rocco Silvestri e Francesco Rinaldi – riporta il giudice – annoverano condanne in tema di illecita attività di gestione di rifiuti”.
Bergantino era titolare, di fatto, dei terreni adibiti a discarica abusiva, De Filippo ed Esposto, proprietarie di parte di essi, Mastromattei amministratore unico della società cooperativa “Daunia Trasporti”, i due Rinaldi autisti e soci della “Daunia Trasporti”, i due Silvestri titolari delle omonime ditte edili individuali.
Le intercettazioni
“È emerso – scrive il gip – che Bergantino ha autorizzato la Daunia Trasporti e le società dei Silvestri a scaricare inerti a Manfredonia in località Colle Troia”. “Quando ti capita materiale di riempimento… devo alzare un po’ di livello”, diceva Bergantino ad Angelo Pio Rinaldi.
Rinaldi si preoccupava dei vicini: “Oooh Peppino poi quello… quello accanto a te… sono tranquilli? Non è che vedono…”, venendo rassicurato da Bergantino: “Non ti preoccupare, dobbiamo entrare dentro… dobbiamo chiudere il portone e dobbiamo scaricare… non ti preoccupare”.
In altra conversazione, Bergantino chiede a Francesco Rinaldi se fosse possibile “scaricare dall’altro lato, che dici? Che qui stiamo pieni pieni” e di rimando Rinaldi lo informa che “un’altra metà di camioncino… un’altra metà”, circostanza che non preoccupa Bergantino perché “dai, tanto sta spianando… sta sistemando”. Ancora Rinaldi: “Hai visto, bello, l’ho spianata pure… mo se riesco a buttare quest’altra dentro”.
“Bergantino riceveva quotidianamente ingenti quantitativi di rifiuti ferrosi e di provenienza dalla lavorazione edile, al fine di assicurare un risparmio di spesa derivante dalla mancata attivazione delle corrette procedure di gestione dei rifiuti imposte dalla legge”.
70 tonnellate di rifiuti, anche pericolosi
L’attività investigativa ha avuto inizio nel febbraio 2018. I conferimenti, protrattisi per più mesi, attraverso l’utilizzo di automezzi privi delle previste autorizzazioni al trasporto dei rifiuti, hanno comportato lo smaltimento illecito di circa 70 tonnellate di rifiuti speciali anche pericolosi, su un’area di 11.000 metri quadrati, e con un risparmio di spesa pari a circa 50.000 euro.
Nel corso delle operazioni i militari del NOE di Bari hanno anche sottoposto a sequestro l’intera area adibita a discarica abusiva e i tre automezzi utilizzati per gli illeciti conferimenti, per un valore di circa 300.000 euro.
Le prime valutazioni effettuate sull’area di discarica e sulla tipologia di rifiuti hanno consentito di quantificare in 118.000 euro circa il danno arrecato in termine di spesa da sostenere per il ripristino dello stato dei luoghi.
I collegamenti con la strage di San Marco
Bergantino, venditore di auto usate, possessore di licenze commerciali per vendere panini con un furgoncino ed esportare prodotti caseari all’estero (soprattutto Repubblica Ceca), era il datore di lavoro di Giovanni Caterino, 39enne presunto basista della strage, ritenuto dalla DDA appartenente al clan dei montanari Li Bergolis-Miucci. Proprio Caterino fu pizzicato a bordo di alcune auto intestate a Bergantino, una delle quali, una Fiat Grande Punto, usata il giorno della mattanza di San Marco per pedinare le vittime.
Il cugino di Bergantino, suo omonimo ma quattro anni più giovane, è stato arrestato nell’estate 2019 per narcotraffico, anche lui pizzicato in una costola dell’inchiesta sulla strage di mafia. Anche il 46enne Giuseppe Bergantino, alias “Turcnill”, compariva spesso in compagnia di Caterino.
Ma torniamo al “ras” di Black Cam, pure lui presente in alcune intercettazioni. L’uomo, infatti, risulta residente a Posta del Fosso, alle porte di Manfredonia, nella stessa località dell’autorimessa Manzella dove i carabinieri hanno captato numerose conversazioni utili alle indagini che portarono all’arresto del basista.