“Sono passato dalla tua azienda e ho visto gli schiavi lavorare”. È un passaggio delle intercettazioni captate dai carabinieri nel corso della recente inchiesta sul caporalato. Tre gli arresti eseguiti: in manette i titolari della “Perugini Libero” di Foggia e della “Ortofrutta De Martino” di Zapponeta, realtà importanti del territorio ma che, nonostante gli introiti, sfruttavano e mal pagavano decine di cittadini africani e albanesi.
È un conoscente dell’imprenditore agricolo Libero Perugini, a parlare con nonchalance di “schiavi”. Oltre alle persone fermate che, ricordiamolo, sono Libero Perugini, Giovanni Capocchiano e Natale De Martino (gli ultimi due della Ortofrutta De Martino, ai domiciliari), i carabinieri sono alla ricerca di altre tre caporali, due marocchini e un guineano svaniti nel nulla. Personaggi che si occupavano dell’attività di intermediazione e reclutamento dei lavoratori da sfruttare.
Per l’accusa il guineano è il caporale che reclutava manodopera per Perugini. In una conversazione, lo straniero diceva all’imprenditore: “Come facciamo con i conti? Loro non hanno da mangiare, tu devi cacciare i denari”. E Perugini: “Inizi da me, poi mi abbandoni perché trovi di più da altre parti”. Il guineano: “Non abbandono nessuno, ma quando chiamo padrone per tre giorni e padrone non risponde, cosa posso fare? Cercare un altro padrone”.