La “maledizione del Foggia Calcio” spaventa gli imprenditori. A pagar pegno, uno dopo l’altro, Lioce, il gruppo degli otto, Casillo e, infine, Sannella. Una piazza difficile, dunque, che ha fatto giocare molte fiches negli anni e che ora rischia di gettare la società nel baratro del fallimento, dopo il sogno infranto della Serie B. L’orologio corre velocissimo in questi giorni e la scadenza del 24 giugno per l’iscrizione è troppo corta. La richiesta di sostegno fatta dal sindaco Franco Landella non basta. Servono subito 2 milioni di euro per iscrivere la squadra al prossimo campionato di Serie C, tra fideiussioni (350mila euro) e stipendi e oneri arretrati. Una somma che, comunque, non dà al momento nessuna garanzia sul futuro senza un progetto credibile di rilancio.
“Come in ogni circostanza del genere, serve tempo per analizzare la situazione prima di prendere qualsiasi decisione – fanno sapere alcuni degli imprenditori seduti al tavolo ieri -, certo pensare di acquisire quote al buio, senza nessuna conoscenza della situazione reale, è una assurdità. La società si è trovata nella tempesta perfetta, tra ricorsi e lungaggini burocratiche, ora si sconta il retaggio di una situazione paradossale. Noi siamo disposti a dare un contributo per il bene della città, ma resterebbe soltanto una operazione cuscinetto…”.
Detto in altri termini: contributo sì, ma salvataggio tout court no. Anche perché “investire in una società calcistica di questo tipo significa buttare 3-4 milioni di euro l’anno”, commentano. “Dispiace per la situazione in cui si sono trovati i fratelli Sannella – commentano -, perché Foggia sconta problemi che hanno travolto già altre società gloriose, penso alla vicenda del Bari Calcio e all’operazione di acquisizione di De Laurentis. Questo dimostra che qui non siamo meno capaci di altri, semplicemente ci troviamo dinanzi ad una complessità difficilmente gestibile”. Tra gli “invitati” al tavolo in Comune c’è qualcuno che ha già investito nel Foggia, come Matteo La Torre che ha detto di aver già investito “quasi 3,5 milioni nella squadra”. O lo stesso Michele D’Alba, mai entusiasta dopo la fine della parentesi proprietaria nel calcio.
Dunque, lo scenario è cupo. Il “giocattolo”, come lo ribattezzò Zeman, è diventato un investimento troppo rischioso. “La città deve comprendere il momento di difficoltà – continuano -, le risorse, 1,5 milioni, potrebbero anche arrivare con lo sforzo di tutti. Ma poi? Quale sarà il futuro? Siamo pronti a dare un contributo ma – concludono – evidentemente non potrà bastare”. “Non ho nessuna intenzione di intestarmi le quote – conclude uno degli imprenditori invitati ieri al tavolo dal sindaco Landella -, sono disposto però a dare una mano per uscire fuori dal guado. È un gesto rivolto al bene per la città. Sono un piccolo imprenditore, non posso garantire cifre importanti. Sono orgoglioso perché mi hanno tenuto in considerazione, per questo ho dato la mia disponibilità limitata. Ma per salvare il Foggia in questa fase servirà molto altro”.