Ri-velazioni di Nicola Liberatore ai Monti Uniti. “L’arte non è mera dimensione estetica, ma ragione di vita”

Inaugurata il 15 dicembre scorso e visitabile fino al 19 gennaio 2019 la mostra dell’artista garganico, dal titolo “nella galleria della Fondazione di Foggia folgora per la bellezza accecante delle opere esposte

Inaugurata il 15 dicembre scorso e visitabile fino al 19 gennaio 2019 la mostra dell’artista Nicola Liberatore”, dal titolo “Ri-velazioni” nella galleria della Fondazione Monti Uniti di Foggia in Via Arpi folgora per la bellezza accecante delle opere esposte. Una antologica, che come ha scritto il critico Luigi Paolo Finizio sottrae il tempo al tempo nella sua identità visibile e comunicativa. I segni della civiltà delle donne e delle madonne si incontrano tra Oriente ed Occidente nella valle di San Marco in Lamis, suo paese natio.

In questi anni Nicola Liberatore ha sorpreso il pubblico nelle sue tante mostre, con l’exultet o con le madonne nere attorniate di pizzi o con il particolare di un angelo divenuto gigantografia nella mostra barese Genius Loci.

Ma in Fondazione si possono scoprire tutte le sue varie anime e le sue diverse espressioni artistiche, con stili anche molto differenti rispetto ai lavori attuali, che il pubblico ha imparato a riconoscere. Dai primi anni Settanta, immerso nell’arte dell’epoca verbo visiva e “militante”, ancora così attuale in certe opere che raccontano l’emigrazione, fino agli anni Ottanta quando ad interessarlo erano i paesaggi garganici, le chiese dei borghi con una composizione pittorica e materica fortemente incisiva ai giorni nostri.

Liberatore non ama i mercanti d’arte. Intuisce e sa che moltissime sue opere farebbero la fortuna di resort e masserie di lusso. Raccontano il Sud del mondo meglio di qualsiasi altro oggetto d’antiquariato o di un concept di design sulla luce. Le sue edicole, ricavate da specchi antichi e vecchi tavoli che diventano tutt’altro, esposte a Sovereto e in una chiesa sconsacrata di Corato, hanno una bellezza commovente. La sua religiosità profonda acceca il visitatore.

L’azzurro e il blu di uno dei cicli delle icone con cieli stellati è metafora del Paradiso per il critico Giorgio Di Genova. Nelle sue opere ci sono Giotto e Cimabue. Si rivedono i prodotti della terra, il grano, il pane e i “crustoli” natalizi, nei fantastici merletti e centrini d’uncinetto d’oro.

Agli oggetti ritrovati, agli abiti antichi Liberatore dà un’altra anima. È lo stesso artista che ci guida tra le sue opere: “Ci sono segni arcaici che ritroviamo sul portale di Santa Maria di Stignano, sono segni arcaici ma di grande contemporaneità. Il triangolo, il rombo, il quadrato. Il mio assillo è il rapporto tra la materia e il tempo, lavoro molto sui valori antropologici e culturali della mia terra. Lo Stabat Mater, mi porto dentro la processione del fuoco, delle fracchie del Venerdì Santo, il fuoco, le scintille, il manto della Vergine. Alcuni oggetti sono fragili reperti estratti dalla memoria, tesi a recuperare valori estetici e culturali. L’arte per me non è una mera dimensione estetica visiva, ma una ragione di vita”.