
Omicidio colposo e non volontario. Così ha deciso la Corte d’Assise d’Appello di Bari che ha inflitto un anno a Michele Marchese (55 anni), l’imprenditore agricolo che la notte del 26 agosto 2015 uccise Antonio Diciomma, 67enne di Cerignola.
Marchese sorprese Diciomma all’interno della sua azienda ed esplose un colpo di fucile che ferì mortalmente la vittima alla schiena. Il 55enne agricoltore, originario di Castelluccio Valmaggiore ma residente a Troia dove si consumò la tragedia, ha quindi incassato la condanna a un anno di reclusione, pena sospesa. Le procure di Foggia e Bari e la parte civile avevano spinto per l’omicidio volontario chiedendo 10 anni di carcere per Marchese.
Per Gianluca Ursitti, legale difensore, il 55enne sparò da una distanza ragguardevole, circa 50 metri. Un colpo esploso dal balcone per spaventare gli intrusi. La morte di Diciomma si rivelò una tragica fatalità. Quella notte la vittima si era intrufolata nell’azienda di Marchese probabilmente allo scopo di commettere un furto. Diciomma non era solo ma in compagnia di altri soggetti rimasti ignoti che armeggiavano vicino alla cisterna di gasolio quando Marchese sparò. Diciomma morì sul colpo, gli altri fuggirono. I carabinieri giunti successivamente denunciarono l’imprenditore agricolo a piede libero ma la procura di Foggia contestò subito l’omicidio volontario.
Il gup Dello Iacovo, però, concordò con la tesi di Ursitti scrivendo che “la distanza superiore a 50 metri e la scarsa visibilità fanno escludere il dolo”. Insomma, un omicidio colposo dovuto alla “negligenza e imprudenza” di Marchese che dalla sua ha anche lo stato di incensuratezza.
L’Appello ha ora confermato la sentenza di primo grado ma la parte civile ha tutta l’intenzione di ricorrere in Cassazione.