I Raduano, costola del clan Notarangelo, provano la scalata al potere a Vieste. Obiettivo primeggiare nel racket delle estorsioni e nel traffico di droga. Anche grazie all’alleanza con i clan foggiani della “Società”. Questo in sintesi, il nuovo corso della criminalità sul Gargano dopo la morte, il gennaio scorso, di Angelo “cintaridd” Notarangelo, storico capo del clan omonimo. Alla luce del maxi ritrovamento dell’arsenale della mafia garganica, sorvegliato da un serpente razza “Boa Constrictor”, tornano ad accendersi i riflettori sull’organizzazione criminale del promontorio. Nonostante l’impegno lodevole dell’Antiracket cittadino e le denunce di alcuni imprenditori locali durante il processo Medioevo, i mafiosi si riorganizzano. Persone collegate a Marco Raduano, storico braccio destro di Notarangelo, lavorano per prendersi il controllo del territorio. Soprattutto puntando alle richieste estorsive, così da tenere sotto scacco l’imprenditoria locale.
Più o meno quello che faceva lo stesso Raduano, detto “Pallone”, assieme a “Cintaridd”. I due, infatti, solo fino a pochi anni fa, stando alla denuncia di Vincenzo Troia, imprenditore nel settore giochi e videogiochi di Vieste, si facevano consegnare circa 1000 euro al mese da numerosi operatori economici della zona. “Si, ma non te ne uscire con pochi soldi. Fai conto che metti un guardiano e stai tranquillo, tanto pagheranno tutti a Vieste”. Questa una delle tanti frasi pronunciate dal tandem di criminali. Non solo richieste estorsive ma anche assunzioni imposte. Ignazio Rollo, titolare di un villaggio turistico della zona raccontò agli inquirenti: “Incontrai per caso Angelo Notarangelo, il quale mi disse che dovevo mettere un guardiano al villaggio. Poi mi chiese 4mila euro. La stessa richiesta la fece a mio fratello, ma era sempre rivolta a me. Tutto ciò che di losco avveniva a Vieste, Notarangelo lo sapeva”, aggiunse l’imprenditore.
Oggi, con Notarangelo al cimitero e Raduano in carcere, qualcun altro avrebbe preso in mano il business del racket e quello della droga. Probabilmente qualcuno che era stufo del ruolo troppo accentratore di “Cintaridd”, almeno stando a quanto filtra dagli ambienti investigativi. E per rafforzare la presenza criminale sul territorio, le nuove leve viestane sarebbero sostenute dalla mala foggiana, soprattutto per gli affari nel traffico di droga, lungo il canale Vieste-Foggia-Marocco. L’operazione “Gotha” svelò, infatti, un traffico internazionale tra Capitanata e nord Africa.
L’asse Gargano-Foggia
D’altronde non è una novità la collaborazione tra malavita foggiana e garganica. I Sinesi/Francavilla, una delle batterie della “Società”, in passato favorirono la latitanza di Franco Libergolis, capo dell’omonima organizzazione, arrestato a Monte Sant’Angelo il 26 settembre 2010 dal Ros e dal Nucleo Investigativo dei carabinieri di Foggia. E anche più recentemente, Pasquale Moretti, della batteria Moretti/Pellegrino, trovò rifugio proprio tra i boschi della Montagna Sacra.
Libergolis, nato a San Giovanni Rotondo l’11 novembre 1978, figlio di Pasquale, era tra i 30 latitanti più pericolosi d’Italia quando venne pizzicato. Condannato all’ergastolo il 7 marzo 2009, nell’ambito del maxi processo alla faida del Gargano, si era dato alla macchia fino al settembre 2010. Il clan dei montanari, praticamente azzerato dopo l’arresto di Franco Libergolis, l’uccisione di Ciccillo Libergolis e la cattura di Giuseppe Pacilli, avrebbe perso la sua forza impattante sul territorio, forse proprio a favore dell’organizzazione criminale viestana, nuovo alleato forte della “Società”.