Soldi, tanti soldi quelli manovrati, gestiti e spostati da Rita Cesa (suor Marcella, in foto) e Assunta Puzzello (suor Consolata). Secondo gli inquirenti, le due suore sono “promotori, costitutori e organizzatori” dell’associazione a delinquere assieme agli ex direttori generali Antonio Albano e Giuseppe D’Alessandro, all’ex numero uno della sede di Foggia, Dario Rizzi e all’avvocato dauno Antonio Battiante. Questi soggetti, secondo l’ordinanza del giudice, hanno concorso a determinarne la nascita dell’associazione, alimentandola in modo continuativo nel tempo, anche attraverso un’attività di coordinamento dell’attività dei sodali, al fine di rendere possibile l’attuazione del programma delinquenziale e di assicurare l’impiego razionale delle risorse umane e materiali del sodalizio.
Quasi 30 milioni di euro occultati
Suor Marcella e suor Consolata, finite ai domiciliari, hanno tenuto i fili della Casa Divina Provvidenza per molto tempo. “In concorso tra loro – si legge nel capo d’accusa – e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, Cesa Rita in qualità di legale rappresentante e Puzzello Assunta in qualità di economa della CdP e di legale rappresentante della “Casa di Procura Istituto Ancelle della Divina Provvidenza”, occultavano e/o dissimulavano le risorse della CdP per la complessiva somma di 28.374.095,64 euro traslando questo denaro dai conti correnti intestati alla Congregazione a quelli intestati a “Casa di Procura”, ente fittizio istituito allo scopo di occultare ricchezza ai creditori della CdP, e intestavano al medesimo ente fittizio l’immobile di Guidonia (provincia di Roma), sequestrato nel giorno del blitz. Per entrambe c’è anche l’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità. Accuse pesantissime, sottolineate anche dalla spregiudicatezza della Madre Generale suor Marcella, pizzicata più volte durante il lavoro di intercettazione.
Pericolo di fuga
Secondo gli inquirenti, l’esigenza cautelare per suor Marcella era necessaria in quanto la Congregazione dispone di altre sedi in Sudamerica (Argentina e Perù), perciò non può escludersi un concreto pericolo di fuga della Madre Generale (più o meno gli stessi piani della coppia Rizzi-Vasiljevic). Peraltro, presso le sedi estere, la suora disporrebbe anche di sufficienti risorse economiche, infatti, la Casa di Procura Istituto Suore Ancelle della Divina Provvidenza ha effettuato diversi bonifici in favore delle suore dislocate presso le sedi argentine e peruviane, per complessivi 346.615 euro utilizzando le provviste depositate su un conto corrente acceso presso lo I.O.R. e sottratte al patrimonio della Congregazione.
Concreto ed attuale pericolo di reiterazione criminosa sussiste anche in relazione alla figura di suor Consolata, protagonista principale del capitolo dell’ordinanza relativo all’occultamento del denaro in favore dei tre enti gemelli (“Casa di Procura Istituto Suore Ancelle della Divina Provvidenza”, “Istituto Don Pasquale Uva – Casa Divina Provvidenza Onlus”, “Istituto Don Uva”). La suora, rappresentante dell’ente parallelo, ma che vive e risiede nella sede di Bisceglie della Congregazione, ha posto in essere, unitamente a suor Marcella, le operazioni bancarie finalizzate all’occultamento delle risorse dell’Ente mediante la deviazione dei fondi della CdP su Casa di Procura, con grave danno per il ceto creditorio che si è visto sottrarre una ingente massa patrimoniale. Secondo il giudice, suor Consolata era pienamente consapevole delle finalità sottese al dirottamento del denaro da CdP a Casa Procura, in quanto titolare, peraltro, di posizioni bancarie di non modico valore.
Enti fittizi
Suor Consolata rivestiva il duplice ruolo di economa della Congregazione e di legale rappresentante del fittizio ente gemello Casa di Procura. In virtù di queste cariche, la suora ha personalmente assicurato al sodalizio un contributo concreto e perdurante nel tempo, assumendo il ruolo di principale attrice, insieme alla Madre Generale, in tutte le vicende che hanno determinato lo svuotamento delle casse della Congregazione in favore delle casse dei fittizi enti gemelli: Casa Procura per la complessiva somma di 28.374.095,64 euro e i due istituti “Don Uva” per la complessiva somma di 700.000 euro. Condotte di evidente gravità che si sono protratte per un lungo arco temporale (i primi passaggi di denaro accertati risalgono al 2004), perpetrate in maniera risoluta e senza sosta, con effetti enormemente dannosi per il ceto creditorio. L’opera di depauperamento del patrimonio mobiliare e immobiliare della CdP è stata sapientemente accompagnata dall’occultamento della documentazione bancaria costituente corpo del reato di bancarotta, documentazione che soltanto a seguito delle complesse e faticose indagini è venuta alla luce consentendo di ricostruire l’incessante flusso di denaro deviato dai conti correnti della CdP a quello degli enti fittizi.
Mentalità “laica”
Per il giudice che firma l’ordinanza, desta scalpore l’atteggiamento assunto da suor Marcella all’indomani della decisione di commissariare l’Ente. “Pur essendo una religiosa – si legge -, si interessa fattivamente di questioni terrene e lo fa con la mentalità propria dei laici che governano l’Ente. La suora, da un punto di vista tecnico, non conosce l’istituto dell’amministrazione straordinaria e non sa quali implicazioni questa procedura potrà avere sulla vita dell’Ente, tuttavia, non si perde d’animo ed arriva dritta al punto: le nomine dei commissari avvengono a livello governativo. Quindi è bene interessare al più presto il solito referente politico della Congregazione, il senatore Antonio Azzollini perché, dice la suora in una intercettazione, “è lui che deve vedere per i nomi”, e ciò all’evidente scopo di evitare che l’Ente finisca nelle mani di soggetti avulsi dal grumo di potere che imperversa sulla Casa Divina Provvidenza e che, come più volte ribadito, faceva capo al senatore.