Nel sistema Don Uva, favoritismi e clientele erano le uniche linee guida per l’individuazione dei fornitori con cui avviare rapporti commerciali e rinnovare i contratti. In buona sostanza lo stesso discorso che veniva fatto per dipendenti e consulenti da trattenere in servizio o mandare via.
Stavolta puntiamo l’attenzione sui fornitori foggiani che, stando alle intercettazioni e a quanto sostiene il giudice, erano “privilegiati nei pagamenti”. “Quelli del Foggiano venivano pagati più spesso rispetto agli altri”, si legge sull’ordinanza. “Quelli che invece venivano pagati meno erano i fornitori di medicinali, quasi tutte ditte del nord”.
Nel corso degli incontri tra i membri dell’associazione a delinquere, il senatore Antonio Azzollini, al vertice del sistema, dava indicazioni sui fornitori con i quali l’Ente doveva continuare a intrattenere rapporti economici e quelli con cui, invece, bisognava chiuderli. In particolare, la Ambrosia Technologies s.r.l. (di cui Luciano Di Vincenzo, citato nella conversazione sotto, è il responsabile) avrebbe dovuto continuare a fornire i servizi alla Congregazione, mentre la New Logos Assistenza Soc. coop. a r.l. di Apricena di Antonio Pertosa (amico di Rizzi) doveva essere, verosimilmente, il fornitore con il quale chiudere le relazioni economiche. Nell’occasione, il senatore avrebbe confermato la sua piena fiducia in Dario Rizzi, direttore generale del Don Uva a Foggia e condiviso il “piano” ipotizzato dall’avvocato foggiano Antonio Battiante, per salvare l’Ente dal fallimento.
Dei fornitori da privilegiare e di quelli da tagliare, ne parlano in un’intercettazione, Rizzi e l’amante Adriana Vasiljevic, coinvolta in tutte le operazioni più importanti dell’Ente. Eccola di seguito.
I mega contratti tra enti fittizi e la ditta Zanasi&Moschella
È emerso che suor Marcella e suor Consolata traslavano ingenti somme dalla Divina Provvidenza alla Casa di Procura, un ente fittizio istituito allo scopo di occultare ricchezza ai creditori della Congregazione. Traslazioni avvenute con operazioni bancarie prive di giustificazione e con dubbio riscontro in contabilità. Le suore devono infatti rispondere di “bancarotta documentale” perché hanno reso impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari relativamente alle operazioni di trasferimento della complessiva somma di 28.374.095,64 euro dai conti correnti della Congregazione all’ente fittizio Casa di Procura.
Nel contratto con l’ente fittizio, la Congregazione aveva concesso in locazione alla Casa di Procura la palazzina situata all’interno della sua struttura ospedaliera di Foggia denominata Ospedale S. Maria Bambina e la palazzina all’interno dell’altra sua struttura Ospedaliera di Bisceglie denominata Ospedale Ancelle della Divina Provvidenza.
Grazie a questo contratto, la Casa di Procura ha preso in locazione queste due palazzine per adibirle esclusivamente ad abitazione delle suore. La Casa di Procura negli anni 2004-2009 aveva anticipato, per conto della “Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza”, 1.427.800 euro per l’edificazione della Casa Suore di Foggia, 440.000 euro per l’Hospice foggiano e 2.200.009,91 euro per l’edificazione del reparto Hospice di Bisceglie, somme portate dalle fatture emesse dalle ditte appaltatrici Zanasi e Moschella per la prima (gli stessi tirati in ballo nell'”affittopoli” all’Asl di Foggia per la struttura della riabilitazione al Villaggio Artigiani), Ciuffreda per il secondo e Di Liddo per il terzo.
La Divina Provvidenza, pertanto, era obbligata a restituire all’ente fittizio Casa di Procura tutte queste somme. La durata della locazione era fissata in otto anni, dal 4 gennaio 2008 al 31 dicembre 2015, con possibilità di rinnovo di otto anni in otto anni in mancanza di disdetta dopo il primo quadriennio. Il canone mensile pattuito era di 12.000 euro, denaro compensato man mano con la maggiore somma che la Divina Provvidenza doveva alla Casa di Procura.
Le anomalie
Un contratto, quello tra Divina Provvidenza e l’ente fittizio Casa di Procura, pieno di anomalie perché, sebbene recante la data di sottoscrizione del 4 gennaio 2008, era stato registrato cinque anni dopo, ossia il 19 marzo 2013, tre giorni prima del deposito della proposta ai creditori e del relativo piano di soluzione della crisi. Sebbene datato 4 gennaio 2008, si fa riferimento a somme anticipate dalla Casa di Procura in favore della Congregazione anche nel successivo anno 2009. Il contratto non prevedeva l’epoca in cui la fantomatica compensazione avrebbe dovuto cessare né prevedeva la regolamentazione del pagamento della somma residua da parte della Congregazione in caso di rilascio degli immobili. La durata contrattuale (otto anni prorogabili) era del tutto sproporzionata per difetto rispetto al tempo necessario per estinguere il credito vantato da Casa di Procura in quanto, secondo la clausola di compensazione prevista nel contratto e dividendo il presunto credito vantato dalla Casa di Procura (4.067.809,91 euro) per il canone mensile pattuito (12.00 euro), il debito si sarebbe dovuto estinguere in circa 32 anni a fronte di una durata contrattuale di appena otto anni rinnovabili.
Dal contenuto del contratto pareva quindi emergere che la “Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza” fosse “debitrice” dell’importo complessivo di 4.067.809,91 euro nei confronti della “Casa di Procura”, somme queste che la Casa di Procura pareva avesse “anticipato” alla Congregazione per consentire l’edificazione della Casa Suore di Foggia, del reparto Hospice di Foggia e del reparto Hospice di Bisceglie. È sorto quindi il “sospetto”, se non la “certezza”, della nullità del contratto. Infatti gli inquirenti hanno chiesto alla Congregazione l’esibizione della documentazione amministrativo-contabile comprovante sia il debito complessivo contratto dalla Congregazione per la costruzione degli immobili sopra citati, sia il credito rinveniente dall’affitto degli stessi locali da compensare con il debito citato. Ma suor Marcella, Madre Generale della Congregazione, non è stata in grado di fornire alcuna documentazione relativa alle operazioni economico-finanziarie descritte nel contratto di locazione, documentazione che invece è stata rinvenuta da Marcello Paduanelli, direttore amministrativo della sede di Bisceglie della Congregazione che, a seguito di autonome ricerche, ha esibito alla Guardia di Finanza le 12 fatture emesse da “ZANASI & MOSCHELLA S.n.c.” di Foggia nei confronti della Casa di Procura riferite al periodo 15 ottobre 2002 – 15 settembre 2004 per l’importo complessivo, I.V.A. inclusa, di 1.083.299.80 euro.
6 fatture emesse da “PASQUALE CIUFFREDA & FIGLI S.r.l.” di Foggia nei confronti della Casa di Procura riferite al periodo 10 febbraio 2006 – 2 gennaio 2007 per l’importo complessivo, I.V.A. inclusa, di 440.000 euro. E 19 fatture dalla “EREDI DI LIDDO S.a.s.” di Bisceglie. Documentazione che, come precisato da Paduanelli, era nella disponibilità di suor Consolata, rappresentante legale della Casa di Procura.
I contratti di appalto con le imprese costruttrici erano stati sottoscritti proprio dalla Casa di Procura, ente che dunque non si era limitato ad elargire un prestito alla Congregazione e, dunque, a “finanziare” le costruzioni anticipando il denaro alla Congregazione, ma che invece aveva commissionato le opere alle imprese costruttrici, che avevano a loro volta emesso le fatture non in favore della Congregazione ma in favore della Casa di Procura. Per il giudice, “tale peculiare “vicenda contrattuale” dei rapporti fra la Casa di Procura e la Congregazione assume particolare importanza -sotto il profilo temporale- in relazione alla procedura di concordato preventivo instaurata dalla “Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza” presso il Tribunale di Trani”.