Dopo “Il Fatto Quotidiano”, tocca a “la Repubblica” scandagliare il fenomeno della mafia a Foggia. Serviva l’audizione del questore Piernicola Silvis davanti al presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi per portare il capoluogo dauno all’attenzione nazionale. Il quotidiano diretto da Ezio Mauro riprende molte delle questioni già pubblicate su questa testata e su “Il Fatto” ma nell’articolo di Giuseppe Caporale c’è davvero tanta roba.
Rimbombano ancora una volta le parole di Silvis: “Foggia – si legge -, con 160.000 abitanti, è una città dove l’illegalità diffusa è dovunque, dove la microcriminalità è dovunque e dove vi è un’associazione criminale chiamata “la Società”, che è una vera e propria associazione per delinquere di stampo mafioso ex 416-bis: commette omicidi efferati (ce ne sono stati sei o sette dall’inizio dell’anno) e commette estorsioni violente (tutta la città è estorta)”.
In queste settimane, gli articoli sulla mafia nel capoluogo hanno avuto grosso riscontro sui social network, soprattutto dopo l’inchiesta de “Il Fatto”.
Ci piace riportare il dialogo tra Silvis e la Bindy, nudo e crudo come pubblicato sull’edizione online de “la Repubblica.it”.
PRESIDENTE. “Vorrei fare un’osservazione se me lo consente, rivolta anche agli altri Questori. L’impressione che sto maturando in queste audizioni è che a livello nazionale è forte l’attenzione sulla mafia siciliana, sulla ‘ndrangheta calabrese e sulla Sacra corona unita, ma questa non è la sacra corona unita. O sbaglio.”
SILVIS. “Questa è molto peggio”.
PRESIDENTE. “Si sta sottovalutando il fatto che sta nascendo un’associazione da 416-bis che non è più la sacra corona unita”.
SILVIS. “Non sta nascendo, signora Presidente: è nata da anni”.
PRESIDENTE. “Si parla però di quella storica”.
SILVIS. “La sacra corona unita è un fenomeno del Salento, non ha nulla a che vedere con questi fatti della Puglia del Nord”.
PRESIDENTE. “Probabilmente non se ne parla a sufficienza”.
SILVIS. “Infatti, non se ne parla (…) Bisogna che la stampa ne parli, perché un omicidio commesso da una motocicletta, da cui sparano in testa a una persona, è esattamente identico qui come a Casal di Principe o a Napoli. Se un autobomba esplode qui non lo viene a sapere nessuno, Presidente: queste cose devono essere dette, perché non possiamo aspettare, come sempre, il morto eccellente, che ammazzino un Procuratore della Repubblica, uno dei nostri o un bambino, o che facciano una strage – in cui muore qualche innocente – per ricordarci che a Foggia c’è l’associazione criminale di stampo mafioso. No, dobbiamo farlo prima: è un segnale che bisogna lanciare. Noi stiamo lavorando molto bene: la nostra Squadra mobile fa operazioni su operazioni. Quando ho saputo, al ministero dell’Interno, del ritrovamento di quelle armi, l’ho ritenuto un fatto molto preoccupante, perché non erano in possesso di una banda. Era un solo individuo che le vendeva. Aveva un supermarket: si era fatto un book con le fotografie delle armi che bisognava sfogliare con il prezzario. Vuole sapere quanto costava un kalashnikov? Costava 3.300 euro: c’era scritto. Sa cosa mi ha preoccupato, Presidente? Ho visto nel book – e confrontato con le armi che avevamo davanti destinate alla criminalità organizzata – che è stato venduto un bazooka, ma per ora non lo abbiamo trovato. Chi ce l’ha questo bazooka adesso? Ce lo stiamo chiedendo. Ci siamo preoccupati e ci siamo subito chiesti: come, dove e da chi verrà usato? Visto l’assalto militare che hanno fatto quella notte al caveau, abbiamo pensato che probabilmente verrà usato da qualche parte, non sappiamo dove. Ma sappiamo che verrà usato”.
PRESIDENTE. Avrebbe dovuto ascoltare l’audizione del sindaco di Cerignola che abbiamo svolto ieri. Ecco perché, pur accettando di spostare le audizioni, avremmo voluto seguire un criterio: avremmo dovuto ascoltare prima voi e per ultimi i sindaci, ma per una serie di circostanze abbiamo dovuto organizzarci diversamente. Il suo racconto mi ha messo in crisi. Perché ricordo bene l’audizione del sindaco di Cerignola e descriveva un altro film; perché non c’è nessun rapporto tra quello che lei ci sta raccontando e la lettura delle intimidazioni che è stata data dal sindaco di Cerignola: o vive in un altro Paese lui o noi abbiamo ascoltato un’altra storia“.
SILVIS. “A Cerignola abbiamo avuto una o due rapine al giorno”.
PRESIDENTE. “In un contesto siffatto, non ci si può meravigliare che il tessuto sociale sia così sbrindellato”.
SILVIS. “Ecco perché mi sono permesso di ribaltare il piatto. Sicuramente, in un situazione di illegalità diffusa (a differenza del collega, il 90 per cento della mia carriera l’ho fatta al Centro Nord, lì ho lavorato e conosco benissimo la situazione), bisogna contestualizzare: in un territorio di illegalità diffusa, come possiamo pensare che, se un sindaco fa una cosa, non arrivi poi il “bossettino” del posto o quell’altro stupido o l’amico di quell’altro amico cui ha negato l’autorizzazione o il suo rivale politico e non gli incendi l’autovettura? E’ abbastanza normale, purtroppo. Dove è il rimedio? Bisogna far sì che venga meno o perlomeno si abbassi il livello di illegalità diffusa che purtroppo in questa Provincia alligna dovunque. Come? Con la cultura, con l’antiracket.
A Casal di Principe è stato eletto un sindaco, con il 68 per cento dei voti, che per anni ha urlato contro la camorra e contro i Casalesi. A Corleone si sono svolte manifestazioni pubbliche contro cosa nostra e i ragazzi si davano la mano. Ci sono preti a Napoli che urlano contro la camorra. C’è un giornalista su Il Mattino di Napoli che ha scritto, rispetto alle dichiarazioni di Iovine che ha detto che i Casalesi non esistono più, che sono sciocchezze e che esistono eccome i Casalesi. Ma qua dove sono? Chi dice che c’è stata l’autobomba e che abbiamo rinvenuto tutte quelle armi? Nessuno. Bisogna creare un’attenzione nazionale: se la società cresce e migliora, anche le minacce nei confronti degli amministratori politici e comunali scemano: questo è matematico. Deve crescere la società”.