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Home - Processo “Cripto”, solo il Comune di Vieste parte civile contro i sette imputati legati al clan Raduano

Processo “Cripto”, solo il Comune di Vieste parte civile contro i sette imputati legati al clan Raduano

Droga spedita dalla Spagna, favoreggiamento alla latitanza e vendette mafiose: giudizio abbreviato per due pentiti e cinque viestani

Di Redazione
16 Aprile 2025
in Cronaca, Gargano
Marco Raduano

Marco Raduano

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Il Comune di Vieste si è costituito parte civile nel processo “Cripto”, uno dei procedimenti più rilevanti contro la criminalità organizzata del Gargano, che vede imputati sette viestani accusati a vario titolo di favoreggiamento della latitanza, traffico internazionale di droga e incendio aggravato, con l’aggravante del metodo mafioso e della transnazionalità. Tra gli imputati figurano anche due collaboratori di giustizia, Marco Raduano detto “Pallone”, ex boss, e Gianluigi Troiano alias “il minorenne”, suo storico braccio destro.

Raduano e Troiano, dalla fuga alla collaborazione

Il processo, cominciato ieri dinanzi al gup del tribunale di Bari Nicola Bonante, si svolge con rito abbreviato, che garantisce eventuali sconti di pena in caso di condanna. In aula, collegati in videoconferenza da località protette, Marco Raduano, 42 anni, ex superlatitante arrestato nel marzo 2024 a Bastia in Corsica, e Gianluigi Troiano, 33 anni, catturato a fine gennaio vicino Granada dopo oltre due anni di latitanza.

Con loro a giudizio anche Michele Gala detto “Pinguino” (38), Antonio Germinelli (34), Domenico Antonio Mastromatteo detto “Pescecane” (32), Matteo Colangelo (29) e Marco Rinaldi detto “il veneziano” (31), quest’ultimo residente a Mestre. L’ottavo indagato, Michele Murgo detto “U’ Bell” o “il londinese”, ha scelto di patteggiare: per lui due anni con pena sospesa.

Le accuse: appoggi alla latitanza e traffico di droga

Secondo la ricostruzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, supportata da intercettazioni e dichiarazioni dei pentiti, Gala, Germinelli, Mastromatteo e Murgo avrebbero fornito supporto logistico a Raduano durante la sua latitanza tra Spagna, Francia, Parma e Vieste, mettendogli a disposizione alloggi, denaro, auto, telefoni criptati e informazioni sulle indagini in corso. Raduano, proprio nel periodo di irreperibilità, sarebbe rientrato segretamente a Vieste per compiere un agguato contro un rivale.

Due gli episodi di spaccio internazionale. Il primo risale al settembre 2023: otto chili e mezzo di hashish e oltre due chili di marijuana spediti dal Marocco alla Spagna e da lì a Vieste, via Mestre, passando per Rinaldi. Il carico venne intercettato dai carabinieri, con l’arresto di un giovane viestano. Il secondo episodio, nel gennaio 2024, riguarda quasi dieci chili di hashish, parte dei quali furono sequestrati sempre a Vieste, portando a un altro arresto.

L’attentato incendiario alla madre del pentito

A completare il quadro delle accuse, l’incendio doloso dell’auto della madre di Orazio Lucio Coda detto “Balboa”, ex affiliato al clan Raduano poi diventato collaboratore di giustizia. La vettura, una Nissan Qashqai, fu data alle fiamme a Vieste il 31 ottobre 2023. Secondo la Dda, il gesto fu ordinato da Raduano come atto di ritorsione contro il pentito, ed eseguito da Germinelli e Colangelo.

Solo il Comune di Vieste si costituisce parte civile

All’apertura del processo, solo il Comune di Vieste ha scelto di costituirsi parte civile, con l’avvocato Michele Fusillo. Le altre parti offese individuate dalla Dda – i ministeri della Giustizia e della Salute e la proprietaria dell’auto incendiata – non hanno presentato costituzione.

Il gup Bonante ha fissato le prossime udienze: il 20 maggio la requisitoria del pm antimafia Ettore Cardinali e l’intervento della parte civile; 3 e 17 giugno saranno dedicati alle arringhe dei difensori. La sentenza è attesa per il 15 luglio.

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Tags: RaduanoVieste
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