La Fondazione San Pio da Pietrelcina, ente gestito dai Frati Minori Cappuccini di San Giovanni Rotondo, ha subìto una nuova sconfitta in sede giudiziaria. Con una sentenza emessa nei giorni scorsi, il Tribunale del Lavoro di Foggia ha accolto il ricorso presentato da Antonio La Porta, storico sacrista del santuario di Santa Maria delle Grazie, disponendo la nullità del licenziamento avvenuto nel giugno 2024 e la reintegra immediata del lavoratore, oltre al versamento degli stipendi arretrati e dei contributi previdenziali. Si tratta della quinta reintegra disposta nei suoi confronti e dell’ottava sentenza favorevole al lavoratore nell’ambito di un lungo contenzioso. Secondo il giudice Ivano Caputo, l’ultimo licenziamento non solo è risultato privo di giustificazione, ma ha avuto carattere ritorsivo, in quanto diretto a colpire La Porta per aver esercitato il proprio diritto di critica e per aver ottenuto precedenti vittorie legali.
Il giudice: “Atto arbitrario e privo di fondamento”
Nel testo della sentenza, il tribunale parla di una “diretta e arbitraria reazione nei confronti di un lavoratore che aveva già ottenuto tutela in sede giudiziaria”, riconoscendo come l’allontanamento non fosse motivato da ragioni organizzative o disciplinari, bensì dalla volontà di reagire a una legittima intervista rilasciata al “Corriere della Sera”, in cui La Porta raccontava la propria esperienza e il ruolo avuto nella stipula di un contratto collettivo nazionale per i sacristi dei grandi santuari italiani. L’intervista, secondo il giudice, si collocava nei limiti del diritto di critica, in quanto svolta con linguaggio rispettoso, senza contenuti diffamatori o lesivi della dignità della Fondazione. L’atto di licenziamento si configurerebbe quindi come ritorsione rispetto all’attività sindacale e comunicativa svolta dal dipendente.
Retribuzioni, danni e contratto collettivo
Oltre alla reintegra, la Fondazione è stata condannata a corrispondere tutte le mensilità non percepite dal giugno 2024 alla data di effettivo reinserimento, oltre a una somma pari a 4.200 euro per il mancato pagamento delle mensilità da gennaio a marzo 2024. Il giudice ha inoltre stabilito che il lavoratore aveva formalmente espresso la volontà di rientrare in servizio già all’inizio dell’anno, ma era stato illegittimamente escluso. Altro punto centrale della sentenza riguarda l’applicazione del Contratto Collettivo Nazionale sottoscritto da La Porta, che secondo il tribunale è pienamente valido e applicabile ai dipendenti della Fondazione, in quanto il santuario di San Giovanni Rotondo è “meta di pellegrinaggi” e rientra nei parametri previsti per il contratto del culto. La decisione smentisce così la tesi secondo cui il CCNL non sarebbe vincolante per tutti i lavoratori della struttura.
Un lungo contenzioso giudiziario
La storia di Antonio La Porta, dipendente con oltre vent’anni di servizio, ha assunto negli ultimi anni una dimensione pubblica. Dopo essere stato coinvolto nella stesura dell’appendice al contratto collettivo che ha previsto aumenti salariali e maggiori tutele per i sacristi, avrebbe iniziato a ricevere provvedimenti disciplinari e licenziamenti in sequenza, tutti poi annullati in sede giudiziaria.
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La posizione dei vertici religiosi
Nella documentazione processuale emerge il coinvolgimento delle figure apicali dell’ente, tra cui Padre Aldo Broccato, presidente della Fondazione e firmatario del licenziamento, e Padre Francesco Dileo, Ministro Provinciale dei Cappuccini. Nonostante ciò, non risultano profili di responsabilità personali nei loro confronti nella sentenza. Anche il vescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, Mons. Franco Moscone, è stato più volte indicato dai legali della Fondazione come potenziale testimone, ma non è mai stato chiamato a deporre. Secondo i legali di La Porta, questo atteggiamento avrebbe avuto un impatto simbolico rilevante sulla vicenda, rafforzando la percezione di un conflitto tra istituzioni e lavoratori.
Verso la chiusura del contenzioso?
La Porta, attraverso il proprio legale, potrebbe ora chiedere un’anticipazione dell’udienza in Corte d’Appello per accelerare la definizione della vicenda. La nuova sentenza rafforza la posizione del lavoratore, riconoscendone nuovamente la correttezza del comportamento e la legittimità delle sue rivendicazioni. “La giustizia – scrive il giudice – ha il compito di tutelare chi agisce in difesa dei propri diritti, non di punirlo”. Un principio che, in questa complessa e prolungata controversia, è stato ribadito con forza per l’ottava volta.