I frati cappuccini, dopo aver perso per tre volte in tribunale contro il sacrista licenziato per “ritorsione”, ricorrono ancora ai giudici. Il rettore del santuario di San Pio e responsabile legale della provincia monastica di Foggia, padre Aldo Broccato, forse ispirandosi alla battaglia dell’ex manager Fiat Sergio Marchionne contro i tre dipendenti “ribelli” di Melfi – pagati per stare casa -, ha avviato l’ennesimo contenzioso contro Antonio La Porta, chiedendo l’integrale riforma delle precedenti sentenze. Una quarta causa, dunque, contro lo storico dipendente, accusato di essere “un sindacalista più che altro” e, vieppiù, di aver provocato un “grave nocumento alla Chiesa italiana”.
I FATTI
La prima causa venne intentata dai frati per far valere le ragioni economiche alla base del mancato adeguamento dei contratti che regolano i rapporti con i dipendenti delle chiese italiane. Ma la sentenza mise in evidenza le condotte antisindacali, ritorsive e illecite dell’atteggiamento, dichiarando quindi nullo il licenziamento e condannando i religiosi al pagamento di almeno 5 mensilità più le spese legali. Il pronunciamento è stato poi ampiamente confermato nella forma e nella sostanza dalla sentenza del ricorso collegiale dinanzi a ben tre giudici, nella quale è stato confermato il pagamento delle spese legali. Infine, l’ultimo licenziamento per giusta causa, arrivato il giorno dell’espulsione dalla Fiudac/s (associazione dei lavoratori), con la motivazione che La Porta avrebbe causato ‘’grave nocumento all’intera chiesa nazionale coinvolgendo anche la CEI”. Il caos di ricorsi e provvedimenti di espulsione non ha convinto il giudice Ivano Caputo, che ha smontato tutte le accuse fatte a La Porta. Dall’ordinanza si desume che anche il secondo licenziamento avrebbe natura “ritrosiva”, perché fondata sulla volontà di superare le sentenze precedenti e continuare la “battaglia” nei confronti del sacrista.
IL CONTRATTO DELLA DISCORDIA
Tutto partirebbe dall’impegno sindacale per il riconoscimento del ‘salario minimo’, ovvero un compenso di 9 euro l’ora (anziché 5) agli apparati dei religiosi. Un passaggio che non avrebbe convinto il ministro provinciale, padre Francesco Dileo da Cerignola, che avrebbe dovuto attivare le procedure per aggiornare i rapporti, con le nuove condizioni previste dal Ccnl, per i circa 40 dipendenti del santuario di San Giovanni Rotondo, tra i più visitati dai credenti in Italia. I frati, con i contenziosi, stanno portando avanti la strada dell'”insostenibilità economica” della operazione, che a loro dire comprometterebbe la stessa esistenza della fondazione. Detto in altri termini: vorrebbero tenere in vita il vecchio accordo (5 euro l’ora).
“Vorrebbero delegittimare i soggetti firmatari di un contratto applicato ai propri lavoratori – dichiara la controparte -, chiedendo in pratica un Ccnl a misura e ad personam dei frati Cappuccini di San Giovanni Rotondo! Non solo, qualora fossero riusciti a convincere i giudici alle loro ragioni in tribunale, si sarebbe aperta una voragine sociale inesplorata fino ad oggi in tutto il territorio nazionale: il rischio di licenziamento per chi partecipa – in favore dei lavoratori – al miglioramento delle condizioni in essere con un nuovo contratto”. “Insomma – aggiungono -, pur di disfarsi di un dipendente, hanno innescato una reazione a catena, sommando cause e ricorsi continui e con la citazione di diversi testimoni. Con le sentenze del tribunale di Foggia, dei giudici Aquilina Picciocchi, Beatrice Notarnicola, Ivano Caputo e Lilia M. Ricucci, la giustizia si è espressa in maniera inequivocabile a protezione futura di tanti lavoratori nelle medesime situazioni. La giustizia per fortuna ha fatto il suo nobile corso”.
TESTIMONI DI PESO
Il folto numero dei testimoni è molto particolare: in primis mons. Franco Moscone, vescovo di Manfredonia, citato in tutti e quattro i processi (quindi anche nel prossimo del 22 febbraio 2024). Il presule dovrebbe essere presente nonostante i tre processi passati in giudicato. Proprio lo stesso vescovo Moscone, lo scorso anno si presentò davanti ai cancelli della DOPLA al fianco dei lavoratori per mostrare solidarietà ai dipendenti a rischio licenziamento, dichiarando: “Quando si perde un posto di lavoro, si perde vita e si passa dalla legalità all’illegalità, si favorisce la malavita e si impoverisce un territorio e una città. Quando si dismette il Sud per favorire il Nord, non è soltanto un’azione di cui bisogna vergognarsi ma rischia di essere un’azione di tipo quasi criminale”.
Ora invece dovrà prender parte contro un dipendente che, al momento, guadagna circa 870 euro al mese ed ha una famiglia a carico. Eppure, come si legge in tutte e tre le sentenze, La Porta ha lecitamente svolto il ruolo di consigliere della commissione del rinnovo del CCNL assegnatogli in via ufficiale dalla FIUDAC/S per dare “maggiore dignità a lavoratori che percepivano stipendi da terzo mondo”. “Ad oggi – chiosa La Porta – la Fondazione San Pio, non ha ancora versato un solo euro in rispetto alle sentenze precedenti, né i risarcimenti al lavoratore, né il rimborso delle spese legali. A cosa serve adire continuamente i giudici se poi le sentenze che non ci piacciono non le rispettiamo?”, conclude.