La depressione continua a diffondersi in Italia, con numeri sempre più allarmanti. Secondo i dati del 2024, il 12% della popolazione soffre di questo disturbo, con un aumento di sei punti percentuali rispetto al 2022. A preoccupare è soprattutto la fascia giovanile: tra i 15 e i 19 anni, l’8% manifesta disturbi d’ansia e il 4% è affetto da depressione. Eppure, nonostante l’evidente crescita del fenomeno, lo stigma sociale frena ancora molte persone dal cercare aiuto, ritardando diagnosi e trattamenti con conseguenze spesso gravi.
In un approfondimento pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, il professor Alessandro Bertolino, ordinario di psichiatria all’Università di Bari, spiega la complessità della malattia e l’importanza di affrontarla con consapevolezza. “Non c’è nulla di cui vergognarsi, nulla di cui incolparsi”, sottolinea l’esperto, evidenziando come la depressione maggiore sia un disturbo psichiatrico invalidante, caratterizzato da una tristezza patologica, perdita di interesse per le attività quotidiane e sintomi fisici come alterazioni del sonno e cambiamenti nell’appetito. Nei casi più gravi, la sofferenza emotiva può portare a pensieri autolesivi e al rischio concreto di suicidio.
Le cause: tra genetica e ambiente
Ma quali sono le cause della depressione? Secondo Bertolino, il disturbo ha radici sia genetiche che ambientali. “Circa il 50% del rischio è attribuibile a fattori genetici, mentre il restante 50% è legato a elementi ambientali come l’uso di sostanze, lo stress urbano, le difficoltà economiche e relazionali”.
L’età media di insorgenza si colloca tra i 18 e i 30 anni, un periodo segnato da profondi cambiamenti sociali e professionali. Tuttavia, il disturbo può manifestarsi anche in età più giovane o avanzata. “Un aspetto essenziale per individuare la depressione è il cambiamento della norma individuale”, spiega l’esperto. “Se una persona solitamente socievole e attiva inizia a isolarsi e a trascurare le proprie passioni, può essere un segnale d’allarme da non sottovalutare”.
Il ruolo della famiglia e della società
Fondamentale è il ruolo della famiglia, spesso il primo punto di riferimento per chi soffre di depressione. “I segnali di sofferenza sono visibili, ma non sempre riconosciuti”, spiega Bertolino. “Molti minimizzano il problema sperando che si risolva da solo, mentre lo stigma culturale porta ancora troppe famiglie a provare vergogna nel chiedere aiuto”.
Per questo motivo, è necessario un intervento tempestivo: “La diagnosi deve essere formulata da uno specialista, che valuterà il percorso terapeutico più adeguato”. Le opzioni di trattamento variano dalla psicoterapia ai farmaci, spesso utilizzati in combinazione per ottenere i migliori risultati. Tuttavia, il supporto sociale e familiare resta un elemento chiave nella guarigione.
Verso un cambiamento culturale
Per affrontare la depressione in maniera efficace, secondo Bertolino, serve un profondo cambiamento culturale. “Le persone devono comprendere che la depressione non è diversa da altre malattie croniche. Ha basi biologiche, è influenzata da fattori genetici e ambientali e necessita di un trattamento medico adeguato”. L’idea che il disturbo psichiatrico sia una colpa personale, aggiunge, è non solo obsoleta ma dannosa, perché ostacola la ricerca di aiuto e la cura.
Investire nella salute mentale, sensibilizzare l’opinione pubblica e garantire accesso a cure adeguate sono i passi fondamentali per contrastare l’emergenza. Perché la depressione non è una vergogna, ma una malattia da curare.