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Home - Omicidio Omar Trotta, pochi riscontri nelle indagini iniziali ma i pentiti incastrano gli imputati

Omicidio Omar Trotta, pochi riscontri nelle indagini iniziali ma i pentiti incastrano gli imputati

Carenze sui video della fuga dei killer, ma le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia potrebbero fare luce sul delitto mafioso di Vieste

Di Francesco Pesante
21 Febbraio 2025
in Cronaca, Gargano
Bonsanto, Troiano; a destra, Raduano; sullo sfondo, la Corte d'Assise di Foggia

Bonsanto, Troiano; a destra, Raduano; sullo sfondo, la Corte d'Assise di Foggia

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Video, immagini e percorso dei killer nell’ultima udienza sull’omicidio di Omar Trotta, il giovane di Vieste ucciso nella sua bruschetteria il 27 luglio 2017. Alla sbarra Angelo Bonsanto, 36 anni, sanseverese, presunto esecutore materiale e Gianluigi Troiano, 34 anni, viestano, detto “U’ minorenne”. Quest’ultimo avrebbe avuto il compito di verificare la presenza di Trotta nel ristorante e avvisare i killer con un messaggio telefonico.

In Corte d’Assise a Foggia sono comparsi due dei carabinieri che indagarono sull’agguato mafioso. I pubblici ufficiali sono stati sentiti in ordine agli accertamenti svolti sui video e sul percorso dei killer effettuato il giorno dell’omicidio, ma anche la sera prima e dopo l’attentato stesso. Informazioni anche sui veicoli utilizzati, una Lancia Y rossa e nera e uno scooter T-Max.

I militari hanno riportato solo alcuni frame relativi ai momenti clou, ma hanno dovuto ammettere di non aver acquisito altri video che riprendessero la fuga dei killer, se non relativamente ai pochi attimi iniziali.

Non risultano accertamenti sul luogo dove è stato incendiato il T-Max e non sono stati effettuati riscontri presso il garage dell’ex boss, Marco Raduano detto “Pallone”, mandante dell’agguato, e presso la masseria del sodale Emanuele Finaldi e l’agriturismo di Danilo Della Malva detto “U’ Meticcio”, all’epoca braccio destro del capoclan. Le informazioni su queste persone e relativi luoghi sono emerse solo di recente grazie ai primi pentimenti. Lo stesso Raduano, così come Della Malva e Troiano hanno avviato un percorso di collaborazione con la giustizia. In un manoscritto, Troiano ha anche ammesso di aver avuto effettivamente un ruolo nell’attentato a Trotta.

Proprio gli scarsi riscontri iniziali su Bonsanto, sullo stesso Troiano e sul secondo killer, tuttora ignoto, furono probabilmente alla base della mancanza di un’ordinanza cautelare a carico degli odierni imputati. Solo grazie ai pentiti, infatti, sono spuntati i primi nomi su quel fatto di cronaca.

Si tornerà in aula ad aprile per sentire Troiano, mentre a maggio sarà la volta di altri carabinieri per tornare sull’attività di indagine, ma stavolta relativa ai possibili collegamenti di Bonsanto con alcuni gruppi criminali.

La ricostruzione dell’omicidio

Trotta fu colpito alle spalle e alla nuca, raggiunto da tre proiettili, un dettaglio che fa ipotizzare che almeno uno dei sicari sia entrato nel ristorante dalla porta posteriore. A premere il grilletto furono due uomini armati di pistole calibro .45 e 9×21, che uccisero il ristoratore e ferirono il suo amico Tommaso Tomaiuolo, affiliato del clan Li Bergolis-Miucci, seduto accanto a lui. Il tutto avvenne davanti agli occhi della moglie e della figlioletta della vittima.

Il delitto rientra nella sanguinosa guerra di mafia viestana, che ha visto contrapposti il clan Raduano e il gruppo Iannoli-Perna, al quale Trotta era ritenuto vicino.

Le condanne già inflitte

Il processo “Omnia Nostra” ha già portato a tre condanne con rito abbreviato per l’omicidio Trotta: Marco Raduano è stato punito con 20 anni di carcere in appello (dopo l’ergastolo inflitto in primo grado) per aver ordinato l’omicidio. A Della Malva 11 anni di carcere, mentre al mattinatese Antonio Quitadamo detto “Baffino” 12 anni e 4 mesi. Il primo si sarebbe occupato della logistica, il secondo avrebbe fornito un’arma ai killer.

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Tags: trotta
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