Si sgretola il codice di omertà del clan dei montanari Li Bergolis-Miucci, il più forte ed ermetico di tutto il Gargano. Dopo decenni di silenzio, l’operazione “Mari e Monti” dello scorso ottobre 2024 è riuscita a provocare il pentimento di ben quattro persone, tra queste il 40enne Matteo Pettinicchio, braccio destro del boss Enzo Miucci alias “U’ Criatur”, come anticipato in esclusiva giorni fa da l’Immediato.
Ma non è finita qui, notizia di queste ore, anche altri tre affiliati avrebbero espresso la volontà di collaborare con la giustizia mettendo fine alle “carriere criminali”. È un colpo al cuore dei montanari, gruppo malavitoso attivo almeno dagli anni ’70, fondato da Francesco Li Bergolis detto “Ciccillo U’ Calcarulo”, ed ereditato dai nipoti Matteo, Armando e Franco Li Bergolis, tutti figli di Pasquale Li Bergolis.
Dopo Pasquale ucciso negli anni ’90 e Ciccillo ammazzato nel 2009 erano stati proprio Armando e Franco, con Matteo più defilato, a prendere le redini del clan fino agli arresti di “Iscaro-Saburo”, maxi operazione del 2004 che per la prima volta certificò l’esistenza della mafia sul Gargano.
Attualmente Franco Li Bergolis è al 41 bis con una condanna all’ergastolo mentre i fratelli Armando e Matteo stanno finendo di scontare circa 27 anni di galera. Reggente del clan è Enzo Miucci che con i sodali Matteo Pettinicchio, Roberto Prencipe detto “Roberto della Montagna” o “Il cacciatore”, Raffaele Palena alias “Strizzaridd” e Tommaso Tomaiuolo stava portando avanti gli affari del clan tra Manfredonia, Monte Sant’Angelo, Vieste e il Gargano Nord, in costante lotta con il clan Lombardi-Scirpoli nel quale, invece, i collaboratori di giustizia (una dozzina) fioccano già da alcuni anni.
I recenti pentimenti potrebbero fare finalmente luce su anni di omicidi, sangue e misteri tra promontorio garganico e Foggia, ad iniziare dai responsabili della strage di San Marco del 9 agosto 2017, una mattanza di mafia che attirò l’attenzione dell’intera nazione sulla Capitanata dopo anni di sottovalutazione.