Dopo undici anni di battaglie giudiziarie, si è finalmente conclusa la vicenda di un giovane appuntato della Guardia di Finanza, arrestato nel 2014 per fatti risalenti all’anno precedente. Il militare, di origine foggiana, all’epoca in servizio presso il Comando Gruppo di Bari, era stato accusato di concussione per aver preteso una somma di denaro al fine di “addomesticare” un controllo tributario. Ieri, la Suprema Corte e il tribunale militare d’appello di Roma hanno messo fine a questa lunga odissea giudiziaria dichiarandolo innocente con la formula “il fatto non sussiste”.
Un iter processuale complesso e tortuoso
La vicenda giudiziaria, che ha visto l’appuntato difeso sin dal primo momento dall’avvocato Antonio La Scala, si è snodata attraverso numerosi procedimenti. Il caso è passato al vaglio del tribunale ordinario di Bari, del tribunale militare di Napoli per il reato di collusione e frode alla finanza, della Corte d’Appello di Bari, di ben tre gradi di giudizio presso la Corte Militare d’Appello di Roma e, infine, di tre ricorsi alla Suprema Corte di Cassazione.
Durante questi lunghi anni, il militare ha affrontato ripetuti processi, tutti incentrati sui medesimi fatti, con l’accusa di aver preteso denaro in cambio di favori. La difesa, guidata dall’avvocato La Scala, ha sempre contestato la fondatezza delle accuse, evidenziando l’assenza di prove concrete e le numerose incongruenze emerse nel corso delle indagini. La svolta è arrivata ieri, quando i giudici militari d’appello di Roma, accogliendo le argomentazioni espresse dalla Suprema Corte, hanno emesso una sentenza assolutoria, riconoscendo che il fatto non sussisteva. L’ennesimo accoglimento del ricorso, seguito dall’annullamento della condanna penale militare, ha posto fine alla lunga e complessa vicenda giudiziaria.