Un drammatico intreccio di sequestri, minacce e droga emerge dalla ricostruzione di un’indagine-lampo condotta dai carabinieri e dalla Procura di Foggia. Al centro della vicenda, una famiglia di origini romene e un adolescente quindicenne, fidanzato della figlia minorenne del presunto capobanda.
Secondo le accuse, il ragazzo sarebbe stato rapito per estorcergli informazioni sulla ragazza, che si era nascosta per sottrarsi ai familiari. La vicenda è culminata con l’arresto di tre persone in due distinti episodi: il presunto rapimento del giovane e il successivo ritrovamento di quasi un chilo di cocaina.
La presunta spedizione armata
Tutto inizia alla periferia di Foggia, dove una giovane coppia di quindicenni viveva con i genitori del ragazzo. La relazione, già segnata dalla nascita di un figlio, sarebbe stata malvista dalla famiglia di lei. Questo avrebbe innescato un raid armato: un commando, presumibilmente composto dal padre 51enne, due figli di 23 e 25 anni, e altri parenti, avrebbe fatto irruzione nella proprietà armato di mitra, pistole, una scimitarra e coltelli.
Secondo l’accusa, l’obiettivo era riportare la ragazza a casa. Tuttavia, non trovandola, gli indagati avrebbero rapito il fidanzatino, minacciando i genitori con frasi inquietanti come: “Ora non è più vostro figlio ma diventerà nostra moglie”. Il ragazzo sarebbe stato poi rilasciato alcune ore dopo, accompagnato in caserma dagli stessi indagati.
Le versioni contrastanti
Padre e figlio, interrogati dal gip Francesca Mannini, hanno negato il rapimento, sostenendo che il giovane fosse salito volontariamente in auto per indicare il nascondiglio della fidanzata. Ma le testimonianze del ragazzo e dei suoi genitori, ritenute coerenti, unite alle discrepanze nei racconti dei due indagati, hanno convinto il giudice a disporne il carcere. Entrambi sono accusati di sequestro di persona, tentata violenza privata e possesso illegale di armi.
Il ritrovamento della droga
Poche ore dopo gli arresti, le indagini si sono estese a un’abitazione a Tratturo San Lorenzo, dove risiedeva il secondo figlio del capofamiglia, sospettato di aver partecipato al raid. La perquisizione ha portato al ritrovamento di cinque panetti di cocaina, per un peso complessivo di poco meno di un chilo.
Il 25enne è stato arrestato, ma successivamente scarcerato dal gip per insufficienza di prove, nonostante la procura avesse chiesto la detenzione. Il giudice ha ritenuto che la droga, rinvenuta in un fabbricato distante dalla sua abitazione e accessibile a più persone, non fosse direttamente riconducibile all’indagato.
Le difese e il ricorso
L’avvocato Gianluca Pignataro, legale dei tre indagati, ha contestato le accuse sostenendo che non vi sia stato alcun rapimento né l’uso di armi, mai rinvenute dagli inquirenti. “Presenterò ricorso al Tribunale della Libertà per chiedere la scarcerazione di padre e figlio – ha dichiarato –. I miei assistiti hanno accompagnato spontaneamente il ragazzo in caserma, non c’è stato alcun atto coercitivo”.
L’indagine, caratterizzata da una rapida escalation di eventi, resta aperta, con ulteriori accertamenti in corso per chiarire i ruoli dei vari sospettati e il legame tra il presunto sequestro e il ritrovamento della droga.