“Intendo rispondere e collaborare con la giustizia. Le ragioni? Per dare un futuro ai miei quattro figli”. Queste le prime parole di Gianluigi Troiano, 31enne di Vieste, detto “U’ Minorenn” o “Il piccolino”, neo collaboratore di giustizia, un tempo braccio destro del capomafia Marco Raduano alias “Pallone”, anche quest’ultimo pentitosi.
La decisione di Troiano è stata ufficializzata solo pochi giorni fa nel processo sull’omicidio di Omar Trotta, ammazzato con metodo mafioso nella sua bruschetteria di Vieste il 27 luglio 2017. Per questa vicenda sono a processo Troiano, presunto basista e Angelo Bonsanto, sospettato di essere uno dei killer. In abbreviato a Bari, processo “Omnia Nostra”, sono già stati condannati lo stesso Raduano (ergastolo), Antonio Quitadamo detto “Baffino” (12 anni e 4 mesi) e Danilo Della Malva alias “U’ Meticcio” (11 anni), tutti collaboratori di giustizia. Quitadamo avrebbe fornito un’arma ai killer, Della Malva si sarebbe occupato della logistica.
In un manoscritto, Troiano ha confermato di aver avuto un ruolo nell’agguato a Trotta mentre davanti agli inquirenti ha parlato così: “Sono stanco della latitanza e di andare in giro per le carceri. Facevo parte del gruppo di Marco Raduano, col ruolo di braccio destro. Da quando è iniziata questa organizzazione, dall’anno 2010. All’epoca era sotto il gruppo di Notarangelo Angelo. Dopo il suo omicidio ha preso il potere Raduano. Ho fatto parte anche del gruppo Miucci-Perna, durante la detenzione di Raduano. Poi ho abbandonato il gruppo Miucci-Perna. Subito dopo la scarcerazione di Raduano ho fatto il doppio gioco e stavo sia con Raduano che con Miucci. Il gruppo di Raduano era contrapposto a quello di Miucci dopo l’omicidio del cognato Giampiero Vescera. Dopo il gruppo Raduano si è avvicinato al gruppo Lombardi-La Torre-Scirpoli. Sono entrato a far parte anche di quest’ultimo gruppo, a sua volta associato col gruppo Moretti-Lanza. Ne ho fatto parte sino all’attualità. Questi gruppi commettevano narcotraffico, estorsioni, omicidi e rapine a portavalori. Posso riferire su omicidi e ho partecipato all’omicidio di Omar Trotta. Ho fatto parte personalmente di questo omicidio”.
Prime parole anche per Giuseppe Della Malva, 60 anni, detto “Grillo”, sempre di Vieste, che ha iniziato a collaborare pochi giorni prima di Troiano. “Ho maturato la decisione di iniziare un percorso di collaborazione con la giustizia perché questa non è vita. Voglio stare assieme ai figli e le mie nipoti. Non ho subito minacce. Sono il padre di un attuale collaboratore di giustizia, Danilo. Sono stato affiliato a mio figlio Danilo, lui aveva un agriturismo di nome Atros. Quello che diceva mio figlio era legge. Mio figlio era affiliato a sua volta a Mario Romito, stava con il suo gruppo. Di cosa si occupasse mio figlio non so nelle specifico, quello che posso dirvi che lui faceva parte di questo clan, un gruppo molto potente che si occupava di spaccio di sostanza stupefacente. Io spacciavo per lui, avevo il compito di custodire la droga e distribuirla, suddividevo la sostanza stupefacente in dosi. Sono in grado di riferire sui seguenti fatti di sangue. Omar Trotta venne ucciso per vendetta di Raduano in quanto era un affiliato dei montanari. Raduano ne parlò con mio figlio Danilo per poter riferire tutto ai Romito (oggi clan Lombardi-Scirpoli-Raduano, ndr) in quanto Trotta ebbe un ruolo nell’omicidio Vescera. Il giorno che venne ucciso Omar partecipai al summit con Antonio Quitadamo, Marco Raduano, Antonio Pistillino, Orazio Coda e Angelo Bonsanto conosciuto che poi fu killer assieme ad un soggetto che non conosco che però stava nel corso del summit. La mia presenza in realtà fu occasionale. Credo ci fosse anche mio figlio Danilo nel corso del summit.
I primi verbali di Troiano e Della Malva presentano numerosi omissis relativi a vicende di cronaca ancora coperte da segreto.