Delle olive non si butta via nulla, neanche la sansa, composta da parti di polpa e buccia che si ottiene durante il processo di estrazione dell’olio dalle olive. Restituendo dignità e valore a questo sottoprodotto, attraverso la digestione anaerobica, si può produrre biometano. L’esempio arriva da Cerignola (Foggia), dove si trova uno dei primi impianti in Italia di digestione anaerobica, attivo dal settembre 2023, che utilizza come risorsa principale il sottoprodotto di scarto delle olive per produrre energia rinnovabile e che oggi festeggia un anno di attività. Un impianto innovativo, circondato da 90 ettari di uliveti, dove Legambiente ha fatto tappa con la campagna nazionale itinerante “I cantieri della transizione ecologica” per visitare insieme al Cib (Il Consorzio Italiano Biogas) la società Agricola Arca, nata dalla collaborazione di cinque famiglie imprenditoriali con una lunga tradizione nel settore agroindustriale, e raccontare cosa sta facendo in termini di transizione ecologica e sostenibilità.
“L’impianto è alimentato da sottoprodotti locali agricoli, come sansa bifasica (liquida), circa il 60%, e foglie di ulivo in co-digestione con effluenti zootecnici, produce biometano (500 Sm3/ora), energia elettrica e termica per autosufficienza, oltre a digestato, un fertilizzante organico di alta qualità utilizzato sui 600 ettari totali di terreni agricoli di proprietà dei soci, che permette una netta riduzione dei costi di concimazione, da un anno pari a zero, e un importante incremento del carbonio organico tale da rifertilizzare gli stessi suoli. In un anno sono state processate circa 60mila tonnellate di sansa e foglie di ulivo e da settembre 2023 a oggi sono stati prodotti ben 4.800.000 Smc di biometano immessi nella rete di distribuzione e 51.000 tonnellate di fertilizzante autogestito”, spiega Legambiente. I due elementi distintivi dell’impianto di Cerignola, che hanno suscitato l’interesse di Legambiente, sono la “realizzazione di una filiera corta con un raggio medio di 10 chilometri e il coinvolgimento del produttore del sottoprodotto principale (sansa e foglie di olive) nella valorizzazione economica di questa risorsa”.
“Ciò comporta ricadute dirette sul territorio e vantaggi significativi in termini di sostenibilità certificata per una parte importante della filiera. Punto di forza è anche quello di investire e credere nel “Biogasfattobene”, promosso a livello nazionale in questi anni dal Cib come modello integrato in cui convergono la produzione e l’utilizzo di biogas e biometano, la produzione di cibo di qualità e l’adozione di pratiche agricole innovative e sostenibili”, spiega Legambiente.”Questo ciclo produttivo virtuoso garantisce la resilienza dei terreni, restituendo sostanza organica preziosa (soprattutto su questi territori in cui vi è carenza di carbonio organico sui terreni), favorisce la rigenerazione naturale delle colture, secondo un processo che consente di mantenere un equilibrio tra produttività economica e tutela dell’ambiente, assicurando la continuità delle risorse agricole per le future generazioni”, conclude. (LaPresse)